Nel giorno in cui l’Istat “certifica” la ripresa italiana comunicando la crescita del Pil nel primo trimestre, nel mezzo delle negoziazioni sul debito sovrano greco e, soprattutto, a due giorni da un’importante tornata elettorale che potrebbe incidere sulle vicende politiche italiane, il Financial Times decide di dedicare tutta pagina 5 dell’edizione di ieri all’Italia e alla sua economia.
Il “viaggio” del Financial Times inizia, pittorescamente e secondo la più scontata vulgata sul Bel Paese, al festival della bruschetta di Lariano (non è uno scherzo) dove un disoccupato diciannovenne prima di tuffarsi in “un piatto di fettuccine ai porcini” afferma che “ti fanno credere che c’è la ripresa, ma è tutta un’illusione”; la parola passa poi all’ambulante Pino, 53 anni, secondo cui “l’economia italiana fa schifo e tu lo sai. La ripresa è solo chiacchiericcio in televisione per fare stare calma la gente”. Non si può dire che il quotidiano della city abbia censurato la voce del “popolo” o edulcorato il messaggio; il pessimismo, nota il quotidiano, ormai è “profondamento radicato nella psiche italiana” dopo più di dieci anni di stagnazione e sei anni di crisi.
È vero prosegue l’analisi che si è toccato il fondo e che il Pil è in crescita, ma la ripresa è molto modesta considerato quanto perso negli ultimi anni e, soprattutto, troppo esigua per poter davvero incidere sulla disoccupazione. È a questo punto che l’analisi del Financial Times si fa spietata. Per uscire dalla crisi, la ripresa italiana dovrà mostrare di essere qualcosa di più di un “bip”, ma un trend duraturo; e poi, soprattutto, il miglioramento delle prospettive economiche italiane “è stato in gran parte dovuto a fattori esterni”.
In questo senso si può affermare che l’interpretazione sia ormai di scuola: il Quantitative easing della Bce con i suoi effetti sul costo del debito e sull’euro (indebolito) è responsabile di questa mini ripresa che di fatto è apprezzabile solo da contabili e statistici. Il calo del prezzo del petrolio è il secondo fattore ma anche il FT nota come l’euro si sia rafforzato dai minimi, il petrolio anche, mentre i tassi di interesse sul debito italiano siano saliti.
Il terzo “capitolo” è quello sul nostro primo ministro “pieno di energia”, che ha in essere una “ambiziosa agenda di riforme” e che secondo il Financial Times ha avuto successo in alcuni campi ma è rimasto indietro in altri. Tra i successi ci sarebbe il Jobs Act, su cui però, a differenza di molti quotidiani nazionali, il giornale inglese decide incredibilmente di sospendere il giudizio: troppo presto per dire se i dati degli ultimi mesi siano nuovi posti di lavoro o solo una conversione dai vecchi contratti e, soprattutto, il successo si potrà proclamare solo se si vedrà scendere il 13% di tasso di disoccupazione.
L’elenco delle riforme da fare invece è ancora lungo: durata dei processi, riforma della Pubblica amministrazione e dell’educazione. Nota sul FT il responsabile del Fmi in Italia che “quello che è stato fatto negli ultimi mesi è stato politicamente abbastanza difficile in termini di andare contro gli interessi acquisiti”. Noi però potremmo anche aggiungere che un conto è tagliare per sempre le tutele dei contratti privati, giuste o sbagliate che fossero, in una situazione economica drammatica con i dipendenti privati lasciati dalla crisi senza potere contrattuale e senza che ci fosse praticamente un solo giorno di sciopero (d’altronde chi smette di lavorare e produrre quando la propria azienda a malapena sta in piedi?); un altro invece è mettersi contro giudici e dipendenti statali che una crisi drammatica ha lasciato con lo stesso potere contrattuale, sostanziale e legale, del 2007.
In ogni caso, conclude il FT nel quarto e ultimo capitolo, la ripresa italiana “rimane fragile e particolarmente vulnerabile agli shock esterni”, mentre la battuta finale è lasciata alla signora Rossi, pensionata, secondo cui “il problema della disoccupazione rimane irrisolto” e non si riesce a vedere “la ripresa così come le viene descritta”.
La descrizione del Financial Times appare mille volte più centrata e realistica di quella che si trova invece comunemente sulla maggior parte dei media italiani che spesso e volentieri si fermano ai proclami per i miglioramenti dello zero virgola; l’analisi appare anche particolarmente lucida nell’individuare i veri problemi irrisolti per l’economia italiana e quanto ancora rimanga da fare.
A due giorni dalle elezioni non si può non rilevare più di una nota di preoccupazione e di urgenza per una situazione che sostanzialmente non migliora. È infine davvero singolare e strano che per trovare un’analisi così puntuale sull’Italia oggi si debba sfogliare un quotidiano di Londra.