I riflettori sull’ormai interminabile vicenda greca si sono spostati ieri sera sull’esito della riunione della Fed e sulle dichiarazioni del suo presidente Janet Yellen. Non è mai superfluo rimarcare quanto sia importante in questi giorni l’azione delle banche centrali che non solo guidano ormai chiaramente e in modo decisivo i mercati finanziari, ma incidono in modo determinante sulle prospettive economiche. Basti pensare a come sia mutato il quadro finanziario e dei mercati in cui si muove l’Italia dopo le iniziative del presidente della Bce Draghi e come la fine del peggioramento economico italiano sia ormai unanimemente addebitata all’azione della Banca centrale europea. La Fed a questo riguardo ricopre, per tanti motivi, un ruolo particolare anche solo per il fatto che è stata la prima banca centrale a dettare la linea dell’immissione di liquidità e delle politiche monetarie accomodanti.
Gli economisti delle principali banche d’affari si sono puntualmente esercitati nelle scorse settimane per mettere nero su bianco le attese sulle mosse della Fed. Tra le tante previsioni si può prendere, ad esempio, quella di Goldman Sachs, che non si attendeva un rialzo nella riunione di ieri e rimaneva convinta che la data più probabile per il primo rialzo dei tassi fosse settembre. La banca d’affari prevedeva anche una revisione al ribasso delle stime di crescita di Pil nel 2015 e una leggera revisione al rialzo della stima sul tasso di disoccupazione.
La revisione al ribasso delle stime di Pil è puntualmente arrivata, così come non è arrivato alcun rialzo dei tassi. Il presidente della Fed ha messo in evidenza le ombre che ancora rimangono sulla ripresa economica americana soprattutto sul mercato del lavoro, dove il tasso di partecipazione rimane inferiore alle attese, mentre la crescita dei salari rimane contenuta. Il governatore ha rimarcato più volte che la politica monetaria della Fed rimarrà accomodante per diverso tempo, ha ripetuto ogni volta che si è presentata l’occasione che le prossime mosse della Fed non seguiranno un percorso meccanico predefinito e che saranno dipendenti dai dati economici che si presenteranno. Allo stesso modo è stato più volte rimarcato il fatto che l’aumento dei tassi sarà graduale e che il mercato pone troppa enfasi sulla data del primo rialzo.
Il messaggio è stato decisamente accomodante ed è emerso un approccio prudente di fronte sia agli elementi di debolezza dell’economia americana, sia ai rischi derivanti dalla situazione internazionale e in particolare dai Paesi emergenti.
Non è mancata una domanda sull’evoluzione delle negoziazione tra Grecia e creditori. L’opinione del presidente della Fed è sicuramente interessante e, soprattutto, non sembra in linea con le rassicurazioni che spesso e volentieri si sono sentite sul fatto che l’Italia sia “immune” al contagio greco. Per Janet Yellen invece: “In caso di mancato accordo c’è sicuramente il potenziale per uno sconvolgimento (disruptionnell’originale) che potrebbe incidere sulle prospettive dell’economia europea e dei mercati finanziari globali”; a questo proposito ci potrebbero essere “senza dubbio conseguenze anche per gli Stati Uniti”. Riguardo all’attuale fase delle negoziazioni, per la Yellen “la Grecia e i suoi creditori sono di fronte a decisioni molto difficili e significative a questo punto”.
A conclusione della riunione della Fed si possono sottolineare due spunti. Il primo è che la prudenza della banca centrale americana a fronte di un andamento economico nettamente migliore di quello europeo dice moltissimo della situazione drammatica in cui versa invece l’economia europea che dovrebbe suscitare preoccupazioni molto maggiori e azioni più decise soprattutto nei Paesi con le performance economiche più deludenti. Il secondo è che l’evoluzione della crisi greca viene grandemente sottovalutata da moltissimi soggetti che evidentemente, secondo la Yellen, non si rendono conto (o rifutano di farlo) delle conseguenze sistemiche di un default e di un’uscita dall’euro.