Nel giorno del debutto a Piazza Affari, Infrastrutture Wireless Italiane SpA, meglio nota con la forma abbreviata Inwit, ha chiuso con un rialzo di quasi il 12%; decisamente non male anche mettendo in conto il vento che ha soffiato sulle vele della borsa di Milano con il mercato che credeva alla possibilità di una soluzione, almeno temporanea, dei negoziati tra Grecia e creditori. Per chi si fosse perso qualche puntata, Inwit, come recita puntuale il sito, “è la società del Gruppo Telecom Italia che opera in Italia nel settore delle infrastrutture per le comunicazioni elettroniche, nello specifico quelle dedicate all’ospitalità di apparati di trasmissione radio, per le telecomunicazioni e la diffusione di segnali televisivi e radiofonici”. Telecom Italia manterrà, dopo la quotazione, una maggioranza del 60%.

La brevissima descrizione dell’attività della società dovrebbe bastare per ricordarsi che sul mercato italiano ci sono già altre due società che possiedono torri di trasmissione, e in particolare che queste due società si chiamo Ei Towers e Rai Way. È proprio in questa “compagnia” che si può rintracciare il motivo dell’exploit di ieri che non ha colto particolarmente di sorpresa gli investitori, visto che la richiesta di azioni è stata pari a sette volte l’offerta. L’amministratore delegato di Inwit, Oscar Cicchetti, ha rilasciato proprio ieri, a scanso di equivoci, le seguenti dichiarazioni: “Nei prossimi due anni ci potrebbe essere un percorso di consolidamento nel settore delle torri di trasmissione” e “Inwit ha le caratteristiche per parteciparvi”. Su un eventuale consolidamento con le torri tv l’ad aggiungeva: “non abbiamo grandi sinergie con le torri di broadcasting, ma facciamo torri”.

L’opinione che va per la maggiore tra gli investitori è che certamente ci sono alcune differenze tra la gestione di torri “tv” e quelle per le telecomunicazione, ma che la natura e le caratteristiche del business siano estremamente simili. Nel caso di Ei Towers e Rai Way il business è invece esattamente lo stesso.

La borsa di Milano è l’unica piazza europea che può vantare la quotazione di tre veicoli concentrati sul possesso e la gestione di torri; non solo l’anomalia non ha corrispettivi, ma il processo di quotazione di queste società è iniziato con largo anticipo. Nelle menti di qualsiasi investitore sul mercato e di mercato, una fusione tra Rai Way ed Ei Towers è da tempo, ben prima che la seconda proponesse una fusione con la prima, l’approdo quasi obbligato. La quotazione di Inwit aggiunge un soggetto che naturalmente, per caratteristiche dell’attività, potrebbe e dovrebbe entrare nella partita. Qual è la partita che si sta giocando? Quella mostrata dalla società di torri spagnola Cellnex, che si quotava, appena qualche settimana fa, con l’intento dichiarato di voler diventare una società globale europea, mentre il suo ad spiegava che “l’Italia era uno dei mercati di riferimento”.

Ricapitolando: in Italia abbiamo tre società, di cui due dal business identico, che fanno lo stesso mestiere, mentre in Spagna ce n’è una sola che vuole diventare “una società globale europea”. Il processo di consolidamento rimane congelato per l’intervento del governo Renzi che ha chiarito, bocciando l’offerta di fusione di Rai Way ed Ei Towers, che la Rai non può scendere sotto il 51% di Rai Way. Questo in un Paese dove monopoli naturali, autostrade, aeroporti, reti telecom, sono da anni posseduti da privati. Sarebbe oltre il surreale se il consolidamento in Italia avvenisse “grazie” a, per esempio, Cellnex, e sarebbe ancora più incredibile se la fermezza del governo su Rai Way cadesse, per esempio, per una rimostranza opportunamente presentata in sede europea dove certamente certe partecipazioni di controllo statale in un settore in cui non si producono contenuti televisivi e che non sembra nemmeno particolarmente strategico potrebbero anche sembrare ingiustificate e ingiustificabili.

In un Paese alla disperata di ricerca di un po’ di ripresa e che sta inesorabilmente scomparendo dalle mappe borsistiche che contano, lo scenario del settore delle torri quotate sembra quasi surreale; e siamo convinti che sia lunare per chiunque osservi la situazione da qualsiasi punto del globo che non sia l’Italia, dove invece si è fatta bere a tutti la tesi che si tratti di libertà di stampa o simili. A volte si deve proprio concludere che la ripresa non ce la meritiamo, tanto più che in questi mesi e anni tutti in Italia hanno potuto comprare tutto (banche, assicurazioni, moto, lusso, difesa, treni, aerei, alimentare, elettrodomestici, ecc.). Tutto però si ferma e si sacrifica sull’altare di qualche enclave statale particolarmente “strategica” i cui lavoratori, evidentemente, sono più uguali degli altri.