Speravamo sinceramente che uno dei più famosi sponsor “finanziari” di Renzi come Davide Serra avesse almeno maturato, sull’accordo greco, le stesse convinzioni e idee che senza nessun giro di parole si sono potute leggere su Financial Times e New York Times. Munchau ieri sul Financial Times ha parlato apertamente di colpo di stato, di un Paese che decide di espellerne un altro e di un cambio di regime in tutta l’eurozona; ha ricordato che nonostante “l’accordo” il tema di una Grexit tornerà sul tavolo “al minimo incidente politico”; si è chiesto, ancora, se sia sostenibile un’eurozona in cui il forte “comanda a bacchetta” il debole e, infine, è arrivato al punto più dolente di tutta la questione e cioè all’Italia, per cui l’euro è stato “un disastro economico”, e ha osato mettere nero su bianco la domanda da un milione di dollari: cioè come mai, prima del 1999, l’Italia, senza riforme strutturali, abbia avuto tassi di crescita decenti e, aggiungiamo noi, debito pubblico su Pil in calo nella seconda metà degli anni 90.



Nonostante ormai, fuori dall’Italia, l’accordo di domenica sia stato praticamente all’unanimità giudicato come pericolosissimo e miope, per non dire crudele, per Davide Serra (intervistato da Milano Finanza) invece ha avuto ragione Schauble “a proporre un’uscita a tempo dall’euro per la Grecia”; è lo stesso scenario che Merrill Lynch ha definito peggiore persino di un’uscita definitiva. Serra fa i conti in tasca agli ormai poverissimi e derelitti greci dividendo il numero di aiuti dell’Europa (170 miliardi) per il numero di abitanti, arrivando alla cifra di 16mila euro a greco.



Questi aiuti, ricordiamo, non solo non sono un condono del debito o un regalo, ma un credito e rappresentano più del 50% del Pil greco che invece negli ultimi anni è sceso del 25%. L’equazione non ha senso e non torna in qualsiasi modo la si voglia girare. Dovremmo forse fare la divisione per il numero di abitanti tedeschi o francesi delle decine di miliardi di euro di esposizione alla Grecia che banche francesi e tedesche avevano prima del salvataggio? Stiamo parlando di meritata punizione, per la Grecia, come se finora non avesse già pagato abbastanza per gli errori commessi.

Serra si è detto favorevole al fondo di garanzia perché per fare le privatizzazioni “avere l’Esm alle spalle aiuta a massimizzare i proventi”. Prego?! Primo, non c’è posizione negoziale peggiore di quella del venditore obbligato (in questo caso dalla minaccia di espulsione dall’euro), poi stiamo parlando di vendere asset in un Paese che in questo momento ha prospettive economiche devastanti e variabili politiche imponderabili, in cui nessuno potrebbe mai comprare per un calcolo economico e finanziario. I rischi di un investimento in Grecia oggi sono talmente numerosi e imponderabili da poter essere considerati solo in presenza di saldi oppure solo se le logiche e le valutazioni sono in tutto o in parte estranei a ragioni di mera natura finanziaria. È evidente oltre ogni possibile obiezione che la cessione obbligata di tutti gli asset più strategici di un Paese non può non avere niente a che fare con una perdita sostanziale di sovranità economica e politica. Serra dovrebbe saperlo, perché parla dalla capitale di uno Stato il cui primo ministro si è opposto a qualsiasi operazione su BP.



Le cose più incredibili devono però ancora arrivare. Per Serra, l’Italia “negli ultimi due anni ha fatto molte riforme” e “questo ci aiuta molto”, ed è per questo che “nei momenti di picco della crisi greca il contagio è stato minimo”. È l’intervistatore a dover ricordare a Serra che forse la Bce con tutto questo c’entra qualcosa, ma per Serra “siamo degni di avere questo scudo”. Un Pil allo zero virgola in presenza di un debito che sale e la riforma del Jobs Act bastano davvero per avere lo scudo spaziale della Bce che invece nel 2011 con numeri infinitamente migliori, chissà perché, non meritavamo? Dove sono le riforme vere poi? Quelle che toccano la carne di una amministrazione pubblica passata indenne a 8 anni di crisi mentre il privato è costretto a subire tutto perché non ha alternative? Ma soprattutto l’Italia vive sul rasoio del rispetto dei vincoli europei con la speranza che i tedeschi chiudano un occhio e mezzo. È ormai chiarissimo che lo scudo viene aperto e chiuso in modo arbitrario se e quando il governo di turno decide di piegarsi al volere della Germania e dei suoi alleati di turno; tra i quali, da domenica, pare non ci sia più la Francia.

La posizione tenuta da Renzi potrebbe anche fruttarci mezzo punto di deficit in più del consentito per i prossimi dodici mesi, fino a che qualcuno non comincerà a tirare fuori i vincoli di debito pubblico su Pil. Renzi sembra stia provando a fare quello che ha fatto la Francia negli ultimi anni; comportarsi come se fosse una Germania, in piccolo, e mettersi al suo fianco dalla parte dei buoni quando invece è palese a tutti che le cose stanno molto diversamente e che, soprattutto, la Germania non è disposta a riconoscere questo status.

Comunque dobbiamo essere ottimisti, perché Serra “è molto positivo sull’Italia” e l’Europa è il luogo più attraente per investire. Le popolari, aggiungiamo noi, per esempio, sono state attraentissime. L’ultima domanda è questa: ma perché dobbiamo farci fare la morale da un finanziere milionario che abita a Londra, che giustamente e legittimamente ha deciso di farsi una carriera in un posto che non è la fallita, corrotta e arretrata Italia (che per noi invece è il posto più bello del mondo)? Non sarebbe più giusto, al massimo, farsi fare la morale da chi in Italia volente o nolente ci è rimasto nonostante tasse, burocrazia e vuole che sia un posto migliore? Ma soprattutto come è possibile che in questi giorni per leggere la verità sull’Italia sia meglio aprire un quotidiano di Londra? Serra non poteva farci la traduzione degli articoli di Krugman e Munchau?