Le banche italiane che erano state massacrate fino a mercoledì e che erano cadute sotto raffiche di sospensioni per eccesso di ribasso e cali a due cifre sembrano evidentemente tornate in perfetta salute o quasi. Banca Monte Paschi, per fare l’esempio più estremo, giovedì è salita del 44% e ieri è salita del 2,7% fermandosi a 0,75 euro per azione; è la stessa banca che in 3 settimane scarse aveva perso più della metà del suo valore passando da 1,23 euro del 31 dicembre a 0,51 di mercoledì. L’andamento sembra talmente schizofrenico da far diventare irresistibile la tentazione di archiviare il tutto alla voce “bizze del mercato”: i titoli sono tornati a salire il mercato anche e siamo tutti di nuovo felici e almeno meno preoccupati. È tra l’altro, più o meno, la stessa tesi che sembra trasparire in un articolo comparso ieri sul Financial Times dedicato alla crisi bancaria italiana e agli ultimi concitati giorni che si conclude con questa frase: “In un sistema finanziario che rimane fragile, errori e fraintendimenti possono fare molto danno”. Insomma abbiamo assistito a un colossale fraintendimento, un mega scivolone che bisognerebbe dimenticare al più presto. Invece dalla vicenda si possono ricavare molti elementi e indicazioni utili.

La prima indicazione utile che si può ricavare è che il mercato vive di convenzioni a cui la maggior parte decide di credere. Sembra una banalità, ma la facilità con cui si passa dalla disperazione all’euforia indipendentemente dalla realtà rende utile un ripasso. Con lo spread a 500 l’Italia era fallita e un mese dopo iniziava una fase, arrivata fino a questi giorni, che portava lo spread e il rendimento del decennale ai minimi nonostante un anno economico da incubo, quello dell’austerity di Monti, e una serie impressionante di peggioramenti di dati macroeconomici a partire dalla disoccupazione. La velocità con cui in poche ore si è scatenata la speculazione sulle banche italiane è indicativa di quanto le storie che si decidono di raccontare e che si autoalimentano possano incidere sui corsi azionari. Un paio di rumours piazzati bene, una giornata di cali, due o tre ricerche di banche d’affari preoccupate e magari un articolo sul quotidiano giusto e il gioco è fatto.

Dire che non si sia trattato di un attacco all’Italia è grottesco, soprattutto se il giorno dopo la banca più “chiacchierata” sale di un incredibile 44%; sarebbe per la cronaca la terza banca della terza economia dell’area euro, non la micro società dimenticata da Dio e dagli uomini in fondo al listino.

Il secondo aspetto è che la speculazione cattiva colpisce sfruttando le fragilità del sistema. Nessuno può contestare il fatto che l’Italia venga da anni di risultati economici deludenti, che non si sia messo mano per tempo al sistema bancario e che l’economia continui ad andare più male che bene senza che si intraveda un progetto chiaro di riforme che affronti per davvero, al di là dei proclami di giornata, i nodi veri; nel sistema bancario italiano alcune fragilità ci sono per davvero e l’economia è per davvero debole. Questa realtà viene mascherata da una mega-convenzione fatta di mega immissioni di liquidità in cui tutti possono decidere di credere che prima o poi si migliorerà. Al netto di questa mega convinzione le fragilità ci sono per davvero, come sanno benissimo i milioni di disoccupati che non hanno ancora ritrovato il lavoro. È emblematico che l’allarme sia rientrato proprio con l’intervento del Presidente della Bce Draghi che ha rimesso in piedi, almeno per ora, la convenzione originale.

Il nostro primo ministro giustamente sottolinea come si sarebbe dovuto pensare alla bad bank prima delle nuove regole e che il problema sarebbe dovuto essere affrontato prima del “bail in”; Renzi però è presidente del consiglio da quasi due anni. Sarebbe comunque il caso di rimanere sul pezzo nonostante il sospirone di sollievo che il mercato sembra aver tirato. C’è una parte del sistema bancario italiano che, evidentemente, ha qualche problema grosso e, soprattutto, c’è una grandissima parte del sistema bancario italiano che oggi è o in vendita o liberamente scalabile o tutti e due. In una fase di crolli si possono comprare sia le banche cattive e brutte che quelle buone e le capitalizzazioni di molte banche italiane di medie e grandi dimensioni non spaventano particolarmente, soprattutto in questa fase di liquidità abbondantissima.