Passate le feste e alla vigilia della riapertura dei mercati è arrivato il momento di chiedersi cosa ci riserveranno i mercati finanziari nel 2016. La previsione per l’anno futuro è un esercizio a cui non si sottrae nessuna banca d’affari; orientarsi diventa difficile anche perchè, come sempre accade, le previsioni divergono su temi anche sostanziali. Per orientarsi è forse utile fare un brevissimo ripasso di quanto successo nel 2015, soprattutto per individuare i principali temi lasciati in sospeso nell’anno appena passato.
Il 2015 è stato l’anno del crollo del prezzo del petrolio e delle commodity, del rafforzamento del dollaro sull’euro e sulle valute degli emergenti, del crollo di alcune importanti economie in via di sviluppo (Brasile su tutte); è stato inoltre un anno molto complicato per la Cina e per i suoi mercati finanziari e, infine, si è visto il primo rialzo della Fed dall’inizio della crisi.
Vale la pena soffermarsi innanzitutto sul prezzo del petrolio per le sue conseguenze sull’inflazione, sul resto delle materie prime e sull’economie di molti Paesi emergenti. La quasi totalità delle banche d’affari assume la facile previsione di un prezzo di medio periodo sensibilmente più alto di quello attuale; la previsione è facile perché la parte difficile dell’esercizio è quella in cui si individua uno spazio temporale entro cui si dovrebbe manifestare il rialzo. Da un punto di vista di “trading” una previsione di rialzo, o di ribasso, senza un orizzonte temporale, ha pochissimo senso.
La maggior parte delle banche d’affari concorda nel ritenere che il prezzo del petrolio a fine 2016 sarà superiore rispetto a quello attuale, ma alcune, per esempio Goldman Sachs, evidenzia la possibilità di un’ulteriore debolezza nella prima parte dell’anno e avverte che il rischio che il prezzo del petrolio sorprenda negativamente, calando, sia uno dei principali pericoli per il 2016. Petrolio basso significa mancanza di inflazione, materie prime depresse e Paesi esportatori ancora in difficoltà a partire da Russia e dall’Arabia Saudita.
Il secondo tema è quello della divergenza delle politiche monetarie tra Europa e Stati Uniti. La Fed ha alzato i tassi per la prima volta appena qualche settimana fa e ci si attendono, seppur con tutta la prudenza del caso, altri rialzi nel corso del 2016; la Bce, invece, secondo la maggioranza delle previsioni, dovrebbe continuare una politica monetaria espansiva. In questo scenario si collocano le previsioni sul tasso di cambio dollaro/euro e quelle sui mercati azionari.
È opinione abbastanza comune che il mercato azionario americano possa offrire limitate opportunità di guadagno, mentre quelli europei dovrebbero continuare a beneficiare delle politiche della Banca centrale europea. Anche sul tasso di cambio la maggioranza prevede un ulteriore rafforzamento del dollaro contro l’euro; a questo riguardo diverse banche di investimento, per esempio Goldman Sachs e Credit Suisse, prevedono la parità entro l’anno. Il cambio euro/dollaro e le politiche della Fed, soprattutto alla luce dell’andamento dei Paesi emergenti, rimangono comunque uno dei temi più importanti sul tavolo e una delle possibili fonti di shock finanziario.
Il terzo tema è quello relativo all’economia cinese. Uno dei maggiori rischi per l’anno appena iniziato è che essa possa continuare a soffrire e, soprattutto, che si verifichi un qualche tipo di “hard landing” che generi shock finanziari e sulla domanda globale. I primi mesi dell’anno da questo punto di vista non dovrebbero regalare buone notizie e l’economia cinese dovrebbe continuare a rallentare. La reale situazione economica cinese non è completamente chiara a molti investitori che spesso si sono “interrogati” sia sulla affidabilità dei dati forniti dal governo, sia quindi sulla gravità del rallentamento economico. Sarà importante in questo senso anche l’abilià della Banca centrale cinese nell’affrontare le conseguenze di un ulteriore rallentamento e di volatilità finanziaria.
L’ultimo tema potrebbe essere relativo alle prossime elezioni presidenziali americane (novembre 2016). I destini politici della principale economia globale sono sempre significativi, ma è chiaro che una nuova presidenza è particolarmente importante. Per ora quello che è certo è che Hillary Clinton è di gran lunga in testa nella classifica delle donazioni dei manager bancari americani; se altre ipotesi dovessero guadagnare plausibilità ci potrebbe essere molto probabilmente qualche assestamento con annessa volatilità.