Il 2016 dei mercati finanziari è ufficialmente partito malissimo, il peggior inizio di sempre per la precisione, con la Borsa italiana giù di oltre il 3% in linea con il resto delle borse europee con il Dax, per esempio che ha chiuso con un calo del 4%. Trovare il colpevole di giornata non è particolarmente difficile, perché prima che le borse europee aprissero il mercato azionario cinese veniva sospeso per eccesso di ribasso consegnando alle statistiche il peggior inizio d’anno di sempre dopo la pubblicazione dell’indice manifatturiero.

Prima di qualsiasi analisi si deve forse fare una premessa per provare a capire come mai, all’improvviso, i mercati si siano accorti dei problemi della Cina e, più in generale, degli squilibri attuali facendo sprofondare le borse globali. Non è certo la pubblicazione di un indice il 4 gennaio a svelare qualcosa di cui non si aveva idea, così sembra suggerire l’andamento di ieri, fino al giorno prima. La grande premessa è che la performance delle ultime settimane fosse poco significativa con i portafogli chiusi e la volontà di consolidare i risultati alla vigilia di eventi, come la decisione della Fed, che potevano essere fonte di grande volatilità. Il risultato eccezionale di ieri è figlio anche di una fase abbastanza lunga in cui si sono potute rinviare le decisioni di investimento.

Con l’inizio “formale” dell’anno finanziario la decisione, non più rinviabile, che è stata presa è, almeno, di grande prudenza. Leggendo gli outlook preparati dalle banche d’affari nelle ultime settimane si poteva trovare un elenco piuttosto lungo di rischi potenziali particolarmente significativi: il crollo del prezzo del petrolio con i suoi impatti su molte economie emergenti e su un importante settore industriale delle economie sviluppate, la politica di rialzo dei tassi della Fed con le conseguenze per i mercati e per il dollaro e, infine, le incognite sullo stato di salute dell’economia cinese. Quest’ultimo è forse l’elemento di maggiore preoccupazione in quanto meno controllabile e prevedibile a partire dalla mancanza di dati affidabili passando per i dubbi sulla capacità dello Stato cinese di gestire i riflessi finanziari della crisi finendo con il fatto che la Cina non è una democrazia e mette in atto politiche che rispondono a obiettivi difficili da valutare.

Ovviamente le recenti tensioni in Medio Oriente contribuiscono ad aumentare l’incertezza nella misura in cui coinvolgono il petrolio e in cui determinano ulteriori possibili shock finanziari; il credit default swap dell’Arabia Saudita ieri ha toccato i massimi degli ultimi sei anni. Bank of America Merrill Lynch scriveva che lo sganciamento della valuta saudita dal dollaro, complici il crollo del prezzo del petrolio e la svalutazione della valuta cinese, era il principale “cigno nero” per il 2016.

Più che per la singola previsione, la ricerca della banca d’affari americana è molto utile per capire dove si annidino i rischi per i mercati e, soprattutto, suggerisce che quello che sta succedendo in questi giorni riguarda proprio la parte più fragile dei mercati: Medio Oriente e industria petrolifera e Cina. Se si decide di guardare i rischi o per tutelarsi o per speculare, la lista di elementi di criticità si allunga e prende in considerazione la possibilità di una crescita americana inferiore alle attese, le criticità mai risolte in Europa e le difficoltà di buona parte del Sud America.

L’Italia ha beneficiato molto di una fase in cui i mercati si sono completamente dimenticati dei rischi e in cui si sono accontetati di riprese da errore statistico scommettendo che prima o poi, con l’aiuto della Bce, tutto sarebbe andato per il verso giusto. La realtà però è molto diversa sia perché i dati economici rimangono pessimi, la disoccupazione è a due cifre, sia perché le riforme non hanno minimamente toccato l’apparato burocratico, mentre il sistema bancario è in grande difficoltà, e non viene tutelato come parte importante del “sistema Paese”, e il sistema industriale viene impoverito a colpi di acquisizioni (Telecom Italia è un esempio). Prima o poi, se la fase di volatilità dovesse continuare, qualcuno cercherà di vedere le carte in mano al Governo italiano e all’Europa. L’Italia, a questo giro e per il momento, non sembra avere una grandissima mano…