L’ultima puntata della saga Deutsche Bank, il cui titolo viaggia ancora appena sopra i minimi degli ultimi 30 anni, è uno scoop del Financial Times che ha scalato la già lunga classifica dei rumour della prima banca tedesca. La notizia è che Deutsche Bank avrebbe ottenuto un trattamento di favore da parte della Bce in occasione dell’ultimo stress test sulle principali banche europee. Alla banca tedesca sarebbe stato concesso di conteggiare i ricavi derivanti dalla vendita di una sua controllata cinese nonostante a fine 2015, la scadenza oltre la quale le cessioni non venivano prese in considerazione dai test, la vendita non fosse ancora stata finalizzata; ancora più divertente è il fatto che questa vendita a nove mesi e passa non sia ancora avvenuta. Nessuna delle altre 50 banche europee incluse nei test ha avuto questa concessione; nemmeno chi ha poi effettivamente chiuso le cessioni a marzo, appena tre mesi dopo il limite, come successo alla spagnola Caixabank.
La maggiore banca tedesca è al centro di rumour molto antipatici da molti mesi. Le preoccupazioni che vertono proprio sulla solidità patrimoniale di una banca pesantemente investita sui mercati finanziari si sono tradotte in un crollo delle quotazioni, in prelievi di liquidità e in grande nervosismo perfino sulle obbligazioni. La “speculazione” si abbatte sempre dove ci sono situazione di difficoltà e dove si percepisce che il “sistema” possa fare molta fatica a erigere mura di contenimento. Deutsche Bank potrebbe anche fare un aumento di capitale, ma dovrebbe ammettere di “essersi sbagliata” e di aver fatto sbagliare per molti mesi chi si è fidato Uno degli argomenti usati per difendere la bontà dei propri conti è quello della promozione agli stress test. Peccato che i test fatti con “eccezioni” e “concessioni” di questa portata diventino evidentemente inaffidabili.
Il sospetto in realtà era già legittimo dopo le vicende che hanno portato al fallimento di Lehman Brothers. Una banca con centinaia di miliardi di euro investiti sui mercati finanziari è una banca strutturalmente opaca; sicuramente più opaca di una banca locale. In questo secondo caso basta una mezza indagine sullo stato di salute delle imprese del distretto o dell’area per una preziosissima indicazione qualitativa.
Gli stress test che hanno promosso Deutsche Bank sono gli stessi che hanno messo alla berlina il sistema bancario italiano con danni di immagine, di “borsa” e per l’economia reale devastanti; forse sarebbe valsa la pena di un trucco per mettere al riparo il sistema bancario della terza economia dell’euro evitando 12 mesi di sofferenza. Evidentemente però queste considerazioni non hanno peso per gli italiani. Il sospetto che le regole europee fossero “discutibili” era già venuto dopo deposizioni di primi ministri eletti e austerity chirurgiche. Tanto più se i nostri vicini francesi continuano bellamente a ignorare parametri di deficit mentre nel frattempo comprano imprese italiane.
Se Deutsche Bank venisse salvata dal suo governo non basterebbero raffinate diciture burocratiche o tecnicismi bizantini per nascondere il fatto che le regole europee sono solo lo strumento con cui i più forti comandano a danno dei più deboli. D’altronde non dovrebbe esserci bisogno di altre prove dopo le evidenze dei trucchi agli stress test. La beffa è che ancora oggi ci sentiamo richiedere voti in questo o quell’altro senso per difendere questa Europa; un’Europa che va sicuramente benissimo a molti, ma un po’ meno agli italiani. Come nella fattoria degli animali tutti gli stati sono uguali, ma qualcuno è più uguale degli altri.
Quanto possa durare l’Europa degli stress test truccati non è noto; alla vigilia del 2017 e delle sue elezioni non c’è da essere molto ottimisti. Diventa poi sempre più difficile continuare a prendersela con gli inglesi per essersene andati sbattendo la porta. La retorica dell’”Europa ci conviene” diventa davvero difficile da difendere.