A questione Monte Paschi sta perseguitando l’Italia e il suo sistema bancario praticamente da un decennio e dalla pubblicazione degli ultimi stress test della Bce è al centro della questione bancaria italiana, diventata il simbolo di un sistema schiacciato da due crisi economiche e da una massa di crediti deteriorati. Ancora oggi il mercato si arrovella sul prossimo aumento di capitale della banca, l’ultimo di una serie piuttosto lunga, che sembra sempre più arduo; in un periodo di incertezza estrema economica e politica globale, raccogliere miliardi di euro per una banca che ha già dato moltissime delusioni non sembra facilissimo.
In queste stesse settimane un’altra banca europea, molto più grande, Deutsche Bank è “vittima” di un’ondata di rumour e speculazione senza precedenti, con al centro dubbi sulla sua solidità patrimoniale; dubbi che in teoria non dovrebbero esserci, perché gli stress test sono stati passati e perché management e governo tedesco continuano a ribadire la solidità di una banca che si sa pesantemente investita nei mercati finanziari globali.
Queste vicende si intrecciano con altre più difficili da leggere, ma probabilmente non meno degne di attenzione. Qualche mese fa un video pubblicato sul New York Post, contenente le drammatiche immagini della caduta del capo della comunicazione della banca David Rossi, in quello che è stato etichettato come un suicidio, ha riacceso il dibattito su eventuali punti oscuri nella vicenda Mps. Il New York Post, il cui lettore medio confonde l’Italia con la Finlandia su una cartina, ha avanzato molti dubbi sulla versione ufficiale, sostanzialmente ventilando l’ipotesi che il suicidio sia stato in realtà un omicidio. Stupisce ovviamente che un possibile pezzo di puzzle venga aggiunto da un quotidiano americano.
Ieri il più importante blog finanziario internazionale, “Zerohedge”, è tornato su Montepaschi e la sorte di David Rossi mettendo in relazione il fatto con un altro “suicidio” di un altro “banchiere” a Londra. Si tratta di William S. Broeksmit, che aveva lavorato presso Deutsche Bank prima dal 1996 al 2001 e poi dal 2008 al 2013. Il figlio di Broeksmit racconta al New York Post che, dopo pochi minuti dal “suicidio”, arrivò sul luogo Michele Faissola, già manager di Deutsche Bank, e che appena arrivato cercò tra i documenti della banca e le lettere di addio, “andò al computer di mio padre, cosa che pensai fosse strana”. Faissola è stato accusato (riporta Bloomberg) di aver colluso con Monte Paschi per falsificare i suoi conti, manipolare il mercato e ostacolare l’attività di vigilanza. Deutsche Bank avrebbe fatto una transazione con Monte Paschi per mascherare le perdite di un precedente derivato. Zerohedge ripropone all’attenzione la morte di due “banchieri”, entrambi per suicidio, coinvolti direttamente o indirettamente con la vicenda Monte Paschi. Il blog chiude “l’indagine” con una mezza promessa di ulteriori rivelazioni sull’asse Deutsche Bank-Monte Paschi.
Le sfortune di Monte Paschi, secondo ormai moltissimi, sono iniziate con l’acquisizione miliardaria e per cassa di Antonveneta. I buchi di bilancio aperti anche con questa operazione sembrano essere stati “mascherati” con operazioni in derivati complesse in cui è coinvolta la stessa Deutsche Bank. Quello che stona in tutta questa vicenda è la curiosità della stampa internazionale per una vicenda particolarmente intricata e “misteriosa” che si è “arricchita” anche di fatti di cronaca nera. Una vicenda che inizia probabilmente con l’acquisizione di Antonveneta quando la banca era ancora saldamente controllata dalla fondazione.
La curiosità internazionale per scoprire cosa sia successo e se ci sia qualcosa di più o qualche collegamento negli ultimi fatti di cronaca fa il paio con una versione dei fatti che in Italia sembra essersi chiusa con la “banda del 5%”. È vero che ci sono molti fatti finanziari da leggere e l’urgenza di risolvere il prima possibile vicende spinosissime per il sistema bancario italiano, ma la storia degli ultimi dieci anni della terza banca italiana e la sua “fine” merita che si faccia luce il più possibile in vicende almeno molto chiacchierate.
Se poi si scoprisse che sono solo dietrologie e collegamenti senza capo né coda tanto meglio. Stendere un velo pietoso per evitare il rischio, magari remoto, che salti fuori qualcosa di più interessante non sembra una soluzione, perché poi certe cose ritornano dalla finestra dalle colonne del New York Post o da quelle della stampa “specializzata”.