La saga Montepaschi ieri si è arricchita di un’altra puntata “notevole”. Mentre la società presentava alla comunità finanziaria il nuovo piano industriale con annesso rafforzamento patrimoniale da 5 miliardi di euro, il titolo veniva prima sospeso per eccesso di rialzo a oltre +20% e poi, sempre durante la mattina, sospeso per eccesso di ribasso a -20% e oltre prima di chiudere la giornata con un tremendo -14,99%. Questo titolo è lo stesso che prima di ieri nell’ultima settimana era raddoppiato, da circa 0,17 a 0,34 euro ad azione, e che negli ultimi dodici mesi aveva perso il 90% del proprio valore, dato che a fine ottobre 2015 viaggiava ancora a 1,7 euro per azione. Ci si aspetterebbe questa performance azionaria da qualche oscura microscopica società quotata con gravi problemi di bilancio e poco “trasparente” nella comunicazione al mercato. Questa invece è la storia della terza banca italiana, all’ennesimo tentativo di salvataggio.
Non sono ancora noti i dettagli del rafforzamento patrimoniale da 5 miliardi di euro; sappiamo che una parte del rafforzamento sarà un aumento di capitale senza diritto di opzione, un’altra arriverà, forse, dalla conversione di obbligazioni in azioni e un’altra ancora sarà riservata a nuovi azionisti di riferimento che al momento sono ignoti. Poi ci sarebbe la “normale” incertezza relativa al rilancio industriale della banca mentre il modello di business cambia radicalmente, in filiale non entra più nessuno, e dopo un danno di immagine colossale. Le puntate, quindi, non sono finite e nelle prossime settimane scopriremo quei dettagli che separano le buone intenzioni dai fatti; dettagli che si preannunciano molto interessanti nell’attuale fase politica ed economica. Quello che sappiamo già oggi sicuramente è che comunque vada sarà o è stato un insuccesso.
Aver lasciato la terza banca italiana arrancare in questo modo e in queste condizioni per anni fino all’epilogo imbarazzante degli ultimi mesi è un danno praticamente impossibile da cancellare. A rimetterci non sono solo gli azionisti della banca che hanno visto il proprio investimento azzerato, ma tutto il sistema “Paese” nella misura in cui ha di fatto comunicato al mercato di non saper gestire le proprie crisi o risolvere in casa i propri problemi. Esiste una componente non quantificabile, ma comunque importantissima quando si decide di investire o scommettere su un sistema Paese; questa componente è legata alla credibilità del sistema che non si può permettere certe figure e ancora meno si può permettere che un’infrastruttura strategica come il sistema bancario abbia queste battute d’arresto.
Deutsche Bank è chiacchieratissima da anni, almeno quanto Montepaschi, e la sua performance azionaria è pessima, ma le è stata, in qualche modo, risparmiata questa débâcle e questa impressione di totale approssimazione e incapacità di affrontare il problema in modo organico e di sistema. Non c’è uno zero virgola nel prezzo del titolo della banca tedesca, non si sono messe nero su bianco soluzioni piene di “se”, “forse” e “vi faremo sapere poi” mentre la speculazione di più basso livello imperversa sul titolo.
Nessuno si illude che il problema sia facile e di certo non basta un decreto legge lampo, come nel caso delle popolari, per innescare un rally trimestrale; ma questa non può essere una scusa che copra la vergona degli ultimi trimestri. Non c’è un ritorno agli investimenti in Italia e poi si sistema il sistema bancario anche nelle parti più complicate e “scabrose”; è vero invece il contrario.