Secondo Milano Finanza, Abertis e Sias, il secondo maggiore concessionario autostradale italiano, starebbero valutando un’alleanza. La notizia, alla vigilia dell’usuale comunicato stampa sugli incrementi tariffari, riporta l’attenzione su un settore, quello delle autostrade e degli aeroporti, che per una serie di “tecnicismi” è scomparso dai radar. Il governo italiano negli ultimi anni ha da un lato bloccato gli incrementi tariffari, evitando di toccare un tema molto sensibile politicamente, dall’altro non ha risolto il problema di fondo.
La questione sta più o meno in questi termini. I concessionari concordano certi investimenti a fronte di rendimenti garantiti. I rendimenti garantiti che i concessionari ottengono sugli investimenti sono superiori al 10% reale pre tasse. Siccome negli ultimi anni il traffico è calato per garantire i rendimenti che lo Stato italiano si è impegnato a riconoscere occorre alzare molto le tariffe. Questo ovviamente è un problema perché l’autostrada è un monopolio e non c’è alternativa e perché in una fase di crisi gli aumenti sono ancora meno facilmente sostenibili.
Ci sembra che ci siano delle questioni da risolvere e che non si possono eludere. Se i rendimenti sono senza rischio, perché lo Stato li garantisce indipendentemente dalle circostanze, allora non dovrebbero essere molto più bassi? È lecito che apertasi una fase estremamente lunga di tassi estremamente bassi si faccia un regalo clamoroso a chi nel frattempo ottiene finanza molto più vantaggiosa a fronte di ricavi e tariffe immutati? Si crea una situazione completamente assurda in cui in una fase di grave recessione in cui tutti gli operatori privati soffrono, chi ha in mano quello che rimane un monopolio non solo fa il record di utili, ma lo fa imponendo un’ulteriore “tassa” sotto forma di maggiori pedaggi a consumatori e imprese. I prezzi di borsa delle concessionarie autostradali italiane hanno infatti fatto molto meglio del mercato.
Una delle soluzioni che si è valutata è quella dell’allungamento delle concessioni per spalmare su un periodo più lungo lo stesso importo dovuto. È un’opzione che non risolve una questione e ne apre un’altra. Non si risolve il problema di rendimenti molto alti dovuti e garantiti senza rischio e indipendentemente da qualsiasi contesto; se si vuole mantenere queste due caratteristiche allora i rendimenti dovrebbero essere decisamente più bassi. La questione che si apre invece sarebbe quelle di concessioni con scadenze lunghissime oltre la vita di molti governi, repubbliche e forse molto altro. È facile capire che da un lato il bene smette di fatto di essere pubblico e che dall’altro si creano lobby a cui nessun governo può resistere.
L’ipotesi di alleanza tra Abertis e Sias rischia di allontanare ulteriormente dal controllo dello Stato italiano una fetta importante del suo sistema autostradale. Potrebbe anche non essere un problema se lo Stato avesse risolto la questione con un intervento complessivo di sistema che trovi soluzioni a temi che paiono molto ragionevoli e che non sono di certo prerogativa di pericolosi bolscevichi. Ci pare che l’assetto normativo attuale garantisca completamente i concessionari ma per niente gli utenti o la competitività del sistema Paese.
Senza aver risolto preventivamente questo cortocircuito, il rischio vero è quello di rendere molto più difficile per lo Stato italiano una soluzione soddisfacente per il sistema economico. Mai come in questo caso rinviare il problema non è una soluzione, soprattutto se la controparte è fatta da soggetti che, relativamente, hanno guadagnato moltissimo potere contrattuale nei confronti di un’economia e di una politica deboli, con la seconda che si rifiuta di affrontare il tema.