In un’intervista concessa ieri a Repubblica, Davide Serra, ad del fondo Algebris, ha dichiarato che il meccanismo del “bail in” non deve essere modificato, perché “altrimenti i banchieri non saranno responsabilizzati”. Il “bail in” è, in estremissima sintesi, quel nuovo meccanismo di “salvataggio” secondo cui in caso di crisi della banca gli azionisti, i creditori e alla fine anche famiglie e imprese depositanti, seguendo una gerarchia, sono chiamati a contribuire al salvataggio della stessa; l’onere del salvataggio non ricade sui depositi fino a 100.000 euro. Il meccanismo del bail in è per la cronaca quel meccanismo per cui gli obbligazionisti subordinati di Banca Etruria (e degli altri tre istituti Banca Marche, Carife e Carichieti) hanno perso risparmi colpevoli di aver sottoscritto uno strumento di risparmio che fino a quel momento non si poteva neanche per sbaglio confondere con un pericolosissimo derivato speculativo.
Le conseguenze del bail in sono molteplici. Le prime si sono viste immediatamente dopo che si è scoperto che alcuni risparmiatori che pensavano di avere i propri risparmi al sicuro, un’obbligazione bancaria italiana, avevano invece perso tutto. La conseguenza è stata un’ondata di panico sulle banche italiane che fa davvero riflettere, considerato che gli istituti coinvolti rappresentano una quota molto piccola del mercato. Immaginiamo quale sia oggi la propensione del risparmiatore italiano a sottoscrivere uno strumento, le obbligazioni bancarie, che è sempre stato un’importantissima fonte di finanziamento per le banche italiane.
Ovviamente rimane aperto il canale degli investitori istituzionali, ma è chiaro che convincere un anonimo investitore internazionale che le banche italiane sono solide è diverso che spiegarlo a un italiano; ed è altrettanto chiaro che le banche italiane oggi rischiano fortemente di perdere una fonte di finanziamento preziosissima in un momento delicato, con la beffa che questo avviene in un Paese ancora ricco di risparmio che a questo punto finanzierà “solidissime” banche estere. Immaginiamo poi quale sia l’approccio di un risparmiatore italiano o di un piccolo imprenditore che ha sul conto corrente più di centomila euro; forse si possono includere tra i ricchi i possessori di somme superiori a questa cifra, anche se esiste chi risparmia per comprarsi una casa, ma certamente non si può fare lo stesso discorso per grandi e piccoli imprenditori.
Si può sostenere a questo punto che una banca solida non sia in realtà toccata da questioni di bail in e dintorni. Ma a questo punto ci chiediamo se si stia davvero chiedendo a un risparmiatore o a un imprenditore di capire e valutare se una banca sia solida o meno; dovrebbe leggere i bilanci? Oppure la stampa specializzata per seguire le evoluzioni borsistiche? I bilanci delle banche non solo non sono facili, ma sono strutturalmente ostici. Nella prima economia del mondo, con il primo sistema finanziario del mondo, il più anglosassone e il meno mediterraneo, una banca rinomatissima e grandissima (Lehman Brothers) è fallita con tanti gli analisti in “buy”, con tantissimi gestori con le azioni in portafoglio e con tutte le agenzie di rating “positive”. La piccola popolare che fa credito sul territorio è strutturalmente molto più trasparente e conoscibile della grande banca globale che si presenta con tutti gli indicatori a “posto”; nel primo caso basta fare un giro in paese e chiedere come se la passano negozianti e imprenditori per capire se tutto va bene o male.
A un risparmiatore o a un imprenditore che legge di banche sotto attacco e tracolli azionari certamente non si può spiegare che deve o dovrebbe fare una revisione contabile e strategica della banca x o y. La realtà è che di ondata di panico in ondata di panico si assisterebbe a un travaso di fondi dalla banca percepita come più rischiosa a quella meno rischiosa, generando un circolo vizioso che è evidentemente senza fine. Tutto questo senza considerare che questo meccanismo rende particolarmente efficace la speculazione cattiva e la cattiva pubblicità che di volta in volta si può avere interesse a fare su quella o questa banca, consapevoli degli effetti sul singolo istituto e sull’intero sistema.
La verità di maggior buon senso è che ammettere il principio che i risparmiatori paghino mette in crisi tutto il sistema generando un effetto valanga che non si capisce bene come e dove si possa fermare se non forse con la corsa all’istituto statale; ma allora meglio risparmiarsi la sofferenza che c’è in mezzo e anche tanta ipocrisia e dire che l’unico istituto sicuro in Italia sono le poste statali (di cui per altro Serra è azionista). Una soluzione che però arriva dopo la devastazione finanziaria dell’Italia. Altrimenti l’altra soluzione è riconvincere di nuovo tutti con i fatti che i risparmi sono sempre, nella sostanza, sicuri; e che è quello che è successo è un errore, doloroso, che non si ripeterà più.