Il “voto” del mercato all’offerta di Cairo Editore su Rcs (0,12 azioni Cairo per ogni azione Rcs) è stato praticamente un plebiscito con le azioni della società editrice di Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport volate del 40%, ma soprattutto con quelle di Cairo Editore rimaste sostanzialmente stabili. Su questa possibile operazione è già stato detto molto e soprattutto si sono messe in fila ipotesi e interpretazioni “politiche” su una manovra che in teoria sarebbe finanziaria, ma che in pratica coinvolgendo il Corriere della Sera e tutto quello che rappresenta eccede di molto considerazioni su utili e ricavi. Le considerazioni sugli impatti “politici” di un cambio di controllo di Rcs rischiano però di mettere in ombra alcuni fatti economico-finanziari significativi.

Prima dell’offerta di Cairo, Rcs viaggiava ai minimi di sempre e a un quarto del valore di marzo del 2009, quando le borse mondiali, inclusa quella italiana, toccavano i minimi di sempre. La distruzione di valore finanziario è continuata quasi ininterrotta. Nonostante un aumento di capitale da 400 milioni di euro nel 2013 e un piano di dismissioni aggressivo che non ha risparmiato neanche la sede, l’assemblea di Rcs a dicembre del 2015 ha deciso di attribuire al cda la delega per un altro aumento di capitale da 200 milioni di euro, mentre la società è impegnata a rinegoziare il debito con le banche. Il piano industriale presentato a fine dicembre è sfidante soprattutto in un contesto economico complicato come l’attuale. Il rilancio di Rcs, in sostanza, non è facile perché la situazione di partenza rimane difficile, perché il settore media è molto competitivo e perché le prospettive economiche dell’Italia rimangono, nella migliore delle ipotesi, modeste. L’azione Rcs evidentemente rifletteva questo scenario ricco di incognite e rischi più che di opportunità.

Fatta questa premessa si capisce meglio cosa abbia “visto” il mercato e cosa in un certo senso abbia visto Cairo. Cominciamo dal secondo. Il prezzo di Rcs è ai minimi, per ragioni economiche abbastanza comprensibili, l’azionista di riferimento, Fca, sta uscendo, la società è impegnata in trattative difficili con le banche. Conclusione: chi vuole fare un’operazione ha un’occasione d’oro. L’azionista “istituzionale”, di mercato, di Rcs ha visto un’operazione che elimina il rischio di aumento di capitale, Cairo ha cassa e non ha debito, che porta “dentro” uno dei migliori, se non il migliore, manager media e, soprattutto, ha visto un’operazione che consente di beneficiare al 55%, la percentuale del nuovo gruppo che sarà degli azionisti Rcs dopo il concambio, della creazione di valore. Quale creazione di valore? Evitare l’aumento di capitale innanzitutto e il rilancio industriale fatto grazie alle sinergie e a Cairo stesso poi.

Dopo l’annuncio oggi si specula di possibili alternative e cordate che conducano a un’altra compagine azionaria diversa da quella che invece condurrebbe Cairo a detenere il 40% circa di Rcs. Qualsiasi speculazione e qualsiasi alternativa però non eliminano i problemi industriali e finanziari, veri, di Rcs. Per risolvere questi problemi servirebbe molto probabilmente qualcuno che “metta dei soldi” e che poi possibilmente riesca a rimettere la società su dei binari economicamente sostenibili nel medio lungo termine. I problemi sembrano due: da una parte trovare questo nuovo soggetto o questo nuovo assetto e poi, soprattutto, decidere che spazio abbia “il mercato” in questo nuovo scenario.

Il problema non è banale perché chi ha investito in Rcs negli ultimi sette anni tendenzialmente non ha guadagnato e ha perso tanto. Posto che l’offerta di Cairo risolve il problema dei creditori e convince il mercato, chiunque voglia rilanciare dovrebbe spiegare come intende affrontare le stesse identiche sfide finanziarie e industriali. Mettere da parte il “mercato” è sempre possibile, purché qualcuno se ne assuma l’onore e l’onere.