La febbre da Brexit ha contagiato i mercati da diversi giorni con chiare ripercussioni sulle borse, inclusa quella italiana. Sappiamo che ci sono molti elementi di instabilità sui mercati tenuti a bada, per ora, dall’azione delle banche centrali, ma un evento oggettivamente “grave” come l’uscita della Gran Bretagna dall’Europa ha chiaramente un effetto molto rilevante su mercati già abbastanza elettrici. I sondaggi sulle opinioni dei cittadini britannici hanno cominciato a segnalare un aumento dei favorevoli all’uscita all’inizio del 2016 e già ai primi di febbraio si poteva notare un andamento in “peggioramento”; all’inizio di aprile i sondaggi cominciavano a evidenziare una situazione in cui la vittoria dei favorevoli alla “Brexit” era assolutamente possibile. Mentre i sondaggi “peggioravano” (o miglioravano a seconda delle preferenze), i mercati rimanevano sostanzialmente tranquilli. I mercati si sono “svegliati” per davvero solo qualche giorno fa. Non sembra un comportamento razionale.

L’unica spiegazione possibile è che gli investitori guardino altri dati per cercare di prevedere i risultati del referendum. E quelli che vanno di gran lunga per la maggiore tra gli investitori sono le quote dei bookmakers inglesi. Il ragionamento è molto semplice. I bookmakers, che ci mettono soldi veri e rischiano “capitale proprio”, hanno sicuramente ogni interesse ad avere i dati migliori possibili; se sbagliano le quote tendenzialmente ci perdono soldi, soprattutto se l’evento coperto è sulla bocca di tutti. Non solo, dato che “pubblicano” quote tutti i giorni più volte al giorno i bookmakers regalano “gratis” a tutti indicazioni sulle probabilità di vittoria o sconfitta al referendum. Il grafico sotto evidenzia l’andamento delle probabilità implicite nelle quote degli scommettitori negli ultimi dodici mesi.

Fino a qualche settimana fa le probabilità di una vittoria del fronte “Brexit” erano circa al 25%, ma negli ultimi giorni sono schizzate fino a un record di 41%. L’andamento dei mercati non riflette l’evoluzione dei sondaggi, ma è correlato con quello delle quote degli scommettitori che sono popolarissime tra investitori professionali di ogni ordine e grado.

C’è almeno una domanda a cui bisogna rispondere prima di proseguire. Perché per molti mesi gli scommettitori non hanno preso sul serio i sondaggi? La risposta sta in parte negli indecisi e in parte nell’effetto paura. Gli scommettitori hanno “imparato” che nell’imminenza del voto l’ipotesi percepita come più “tranquilla”, in questo caso rimanere in Europa, è quella su cui ricadono i voti di chi non ha ancora deciso o di chi non ha una opinione “forte”. Gli scommettitori hanno correttamente anticipato quello che stiamo vivendo ora con i mercati impazziti, le previsioni di apocalisse in caso di uscita finite sui giornali che contano, ecc. A loro dopotutto non interessa cosa succede prima, ma solo prevedere l’esito finale su cui influisce anche la paura degli ultimi giorni; la previsione degli scommettitori era, in sostanza, che i sondaggi sarebbero virati poco prima del voto sulla scelta di rimanere in Europa.

Negli ultimi giorni, però, evidentemente, hanno notato che questi appelli e questa volatilità non stanno funzionando o ancora non lo fanno come ci si attendeva. E se non funzionano bene a una settimana dal voto la situazione diventa “interessante”.

Parlare di quote degli scommettitori ci permette oltretutto di rendere ancora meglio l’idea con una serie di esempi sportivi che dovrebbero spiegare meglio il significato di queste “fredde” percentuali. Pensiamo alla probabilità iniziale, quella che lasciava tranquilli i mercati del 25%, e a quella attuale del 41% che invece li tiene svegli, o quasi, la notte. Il 25% è, più o meno, la stessa probabilità che gli scommettitori danno a una vittoria della Croazia contro la Spagna agli europei e che presumibilmente porterebbe a qualche titolone e a qualche psicodramma negli spogliatoi; il 40% è simile alla possibilità che la Russia oggi pomeriggio batta la Slovacchia o stasera la Svizzera batta la Romania.

Ritornando alla finanza: nel primo caso si tratta di un rischio improbabile, ma non impossibile da cui ci si deve “solo” proteggere; nel secondo caso è una eventualità possibile da cui diventa molto più difficile proteggersi. Nel primo caso si vende con moderazione, nel secondo si vende e basta. Stasera, per la cronaca, sapremo quanto era “difficile” che Russia o Svizzera vincessero le loro partite e avremo un’idea migliore delle probabilità di una Brexit.