Risolvere il “mistero” dell’exploit della Borsa italiana di ieri è un esercizio quasi troppo facile; il listino italiano regala una performance da incorniciare costellata da una serie di super rialzi delle banche (Carige +18% per segnalare uno dei più rotondi). I mezzi crolli di settimana scorsa e ancora all’inizio di questa settimana sono coincisi con l’aumento delle preoccupazione, dei mercati, per una possibile vittoria dei favorevoli all’uscita della Gran Bretagna dall’Europa al referendum del 23 giugno. Oltre ai sondaggi che da mesi segnalavano un’opinione pubblicata spaccata in due se non un po’ più favorevole alla Brexit, anche gli scommettitori avevano cominciato a prezzare una vittoria del “leave” con percentuali sempre più crescenti.

Il picco massimo si toccava con una probabilità implicita nelle quote degli scommettitori del 43%. Il massimo fatto registrare martedì non solo non veniva più ripetuto, ma scendeva leggermente. Ieri pomeriggio la percentuale di vittoria dei favorevoli all’uscita era scesa di 9 punti al 34%. Anche in questo caso non servono particolari competenze finanziarie per trovare la ragione di questo crollo. Non sarà carino dirlo, ma la reazione dei mercati all’assassinio della deputata britannica laburista e sostenitrice della permanenza in Europa, Jo Cox, a opera di un aggressore che avrebbe gridato “Britain first”, è stata immediatamente visibile sui mercati; fin dai primissimi minuti tra l’altro.

Tutti i grafici già prima della chiusura di giovedì avevano nettamente virato in positivo “prezzando” una diminuzione delle possibilità di vittoria del fronte dei contrari alla permanenza. Ieri i mercati hanno continuato con convinzione a credere che il nuovo scenario avesse radicalmente cambiato le percentuali in gioco. Siamo in ottima compagnia nel rilevare questo cambiamento, notato in questi termini anche da alcune delle principali testate globali. È una reazione “senza cuore” di fronte a una morte, ma non ci si può attendere che gli investitori lascino a qualcun altro l’opportunità di ricomprare per primi.

Le possibilità di una Brexit oggi sono tornate in zona di sicurezza rispetto a un’eventualità, qualsiasi cosa si pensi, che avrebbe generato moltissima volatilità. C’è spazio per chiedersi cosa abbiamo imparato in questi ultimi giorni. Abbiamo imparato che i “mercati” sanno che l’euro e l’eurozona sono fragili; un euro e un’eurozona forti non avrebbero dovuto soffrire così tanto per la decisione della Gran Bretagna, che non ha mai adottato l’euro, di uscire dall’Europa. La preoccupazione non era tanto sui destini di Londra e dintorni, quanto sulle ripercussioni sul resto di un’Europa e di un’eurozona sempre più insofferente di fronte alla costruzione attuale.

Che qualcosa non funzioni da tanto tempo per un numero sempre più numeroso di membri non è infatti un mistero se siamo ancora alle prese con i problemi di una delle più piccole economie dell’area euro, la Grecia, condannata a una crisi tragica e senza soluzione anche dalle ricette europee. Questo senza parlare dei problemi italiani e più recentemente anche di quelli francesi. I proclami per la salvezza del sogno europeo sono persino fastidiosi se la realtà di questa Europa, che i tedeschi non hanno nessuna intenzione di cambiare, è quella che si vede ad Atene. Questo i “mercati”, nella loro “rozzezza” e “mancanza di cuore”, lo sanno benissimo.

L’altra cosa che abbiamo imparato è che nell’elenco dei Paesi da vendere o, a seconda delle opinioni, dei capri espiatori, l’Italia è abbastanza in alto. Ieri la borsa di Milano ha fatto meglio delle altre perché era quella che era scesa di più nei giorni del panico “Brexit”. Abbiamo anche imparato quale sia il nuovo lato debole dell’Italia. Non è più lo spread o il Btp, su cui rimane la “protezione” della Bce; la protezione della Bce è facilissimamente aggirabile andando a parare sul sistema bancario che anni di crisi, un po’ di letteratura interessata, qualche assist dei simpaticissimi alleati europei e infine le gravi mancanze del governo hanno reso un facile bersaglio. Su questo fronte l’attenzione del governo e del sistema dovrebbe essere massima con interventi efficaci.

Per la cronaca, la riforma delle popolari che doveva servire a rafforzare il sistema, ha gettato allo sbaraglio, com’era facilmente prevedibile, un terzo del sistema bancario italiano nel momento peggiore possibile.