La privatizzazione di Enav si è conclusa ieri in modo degno con la beffa finale; in una giornata borsistica che non passerà ai libri di storia e conclusa con un anonimo +0,03%, la neo quotata Enav ha messo a segno una performance da capogiro chiudendo la giornata con un rialzo del 10,6%. Chi si fosse perso qualche puntata e oggi si chiedesse cosa ci sia dietro questa sigla “esotica” può ricorrere a questo mini-bigino. Il governo italiano, primo e unico al mondo, ha deciso di mettere sul mercato l’ente, monopolistico e con concessione senza scadenza, a cui è affidato il controllo dei cieli italiani.

Ogni compagnia aerea che atterri o decolli dall’Italia o che semplicemente ci passi sopra deve pagare una commissione per i servizi di controllo. Più di un terzo dei ricavi di Enav è riconducibile a commissione generate dal semplice passaggio sopra l’Italia e l’80% dei ricavi è riconducibile a traffico internazionale; la controparte di Enav per la determinazione delle tariffe non è nemmeno lo scalcagnato Stato italiano con la sua scalcagnatissima burocrazia, ma un ente sovranazionale europeo. La società è stata quotata con un debito bassissimo considerata la stabilità dei ricavi esposti sostanzialmente al Pil globale molto più che a quello italiano e a un settore strutturalmente in crescita perché si vola sempre di più a prezzi sempre più interessanti. Il dividendo 2016 garantito, per questa società dal profilo di rischio molto limitato, è, ai prezzi della quotazione di circa il 5,5% e cioè quasi 4 volte il rendimento del decennale italiano; con la differenza che il decennale italiano viene pagato dalle tasse degli esausti italiani, mentre il dividendo di Enav dai passeggeri mondiali.

In un rarissimo caso di capacità profetiche tutti gli investitori sapevano che il prezzo di vendita dello Stato italiano era un’occasione ghiottissima, anzi più unica che rara. E infatti il primo giorno di quotazione tra volumi forti tutti sono corsi a comprare nonostante il +10%, mentre chi ha comprato dallo Stato italiano ha fatto l’affare del 2016.

A valle di questa giornata, che è l’umiliazione finale per il contribuente italiano, ci sarà persino chi si feliciterà per il “successo dell’operazione”. Davvero? Spiegate a un proprietario di casa che ha venduto all’agente un appartamento per 100 mila euro e che lo vede rivenduto a 110 mila il giorno dopo e magari a 130 mila la settimana dopo che “l’operazione è stata un successo”. In un mondo normale il proprietario di casa un po’ “sanguigno” si presenta sotto casa dell’agente con un bastone per i “complimenti”. Il Governo italiano ha venduto i cieli sopra l’Italia a 3,3 euro per azione ieri e oggi qualcuno festeggia avendo rivenduto a 3,6. Tra una settimana o tra sei mesi magari anche oltre. Tutto questo è avvenuto, ripetiamo, per evitare di pagare l,2% di interesse vendendo una cosa che rende il 5,5%. Una normale casalinga senza master in “business administration” si sarebbe accorta della mancanza di qualsiasi buon senso economico-finanziario prima che strategico.

Oltre al danno c’è anche la beffa perché il Financial Times di ieri decide, a buon titolo, di prenderci in giro. Ci avvertono che le prossime privatizzazioni non saranno così facili come quelle fatte mettendo “una garanzia europea sui ricavi” dopo aver messo nero su bianco che, per le ragioni di cui sopra, gli investitori hanno “ricevuto l’emissione con entusiasmo”. D’altronde come si possono biasimare gli investitori a cui in tempi di rendimenti a zero, o negativi, viene inspiegabilmente offerto un rendimento garantito del 5,5%.

L’entusiasmo degli investitori è l’altra faccia della medaglia dell’ennesimo “furto” a danno dei contribuenti italiani. Magari sentiremo della fiducia ritornata sull’Italia da parte degli investitori; una “fiducia” di brevissimo termine, che non è sull’Italia, ed è pagata a carissimo prezzo a gente che ovviamente era interessata solo al proprio tornaconto. Più che fiducia ci viene il sospetto che il sentimento provocato sia l’opposto; sfiducia per uno Stato che non sa fare niente di meglio che svendere al banco dei pegni il proprio cielo e i diritti di passaggio in un’operazione a tutto vantaggio del compratore.

Se non sapessimo delle prossime privatizzazioni (le ferrovie), potremmo almeno dire di aver visto tutto e toccato il fondo…