La pubblicazione dei risultati di Vivendi prevista per oggi sarà con ogni probabilità l’occasione per un’ulteriore puntata della telenovela estiva del 2016 che ha visto prima la rottura inaspettata del contratto di cessione di Mediaset premium da parte della società francese e poi le richieste di danni di Mediaset e Fininvest. Mentre si attendono commenti di Vivendi e del suo azionista principale, nonché maggiore azionista di Telecom Italia, ieri sono circolati nuovi rumours, riportati da MF e ripresi dai maggiori organi di informazione finanziaria internazionale, sulla prima società televisiva privata italiana secondo cui alcune società cinesi sarebbero interessate a Mediaset premium. I dettagli su questo nuovo possibile interesse sono a questo stadio praticamente nulli, ma l’ipotesi sembra meno incredibile di quanto si possa pensare.

In teoria il pretendente naturale di Mediaset premium sarebbe Sky, che da una fusione guadagnerebbe la fine di una guerra al rialzo sui prezzi dei diritti sportivi live che non fa bene a nessuno e che apre uno scontro per il mercato premium italiano che non si era mai posto. L’accordo tra Mediaset e Sky sarebbe naufragato più per una differenza di vedute sul prezzo che per la mancanza di volontà di consolidare il mercato. Tolta Sky, Vivendi avrebbe dalla sua la possibilità di giocare la carta di una partecipazione di controllo in Telecom Italia, con tutte le possibili sinergie industriali, e quella di un’esperienza considerevole nel mercato televisivo europeo. Se Sky non trova un accordo sul prezzo e se Vivendi rinuncia all’acquisto forse spaventata per i risultati economico-finanziari di Mediaset premium in teoria tutti gli altri sarebbero in una posizione competitiva peggiore per investire soldi in modo profittevole.

La teoria è assolutamente ragionevole e di buon senso e molto difficilmente contestabile, ma si scontra con numerosi fatti a cui abbiamo assistito negli ultimi mesi che dimostrano come l’interesse “cinese” per il calcio sia massimo. Le due principali squadre di Milano, con un totale di 36 scudetti e dieci coppe dei campioni, sono oggi di proprietà di due gruppi cinesi che hanno investito centinaia di milioni in un “business” che non sembra particolarmente profittevole e a cui in teoria non sarebbero legati da particolari legami affettivi o sentimentali. Non si può infatti nemmeno giustificare l’investimento con la passione di un ricco imprenditore milanese desideroso di rilanciare due ex grandi squadre oggi decadute. Tra le varie stranezze a cui si è assistito dalle parti di Cina e calcio possiamo citare le cifre mostruose pagate a calciatori, su tutti Pellè, che in Europa farebbero fatica a fare i titolari in squadre di seconda fascia. Possiamo credere di aver visto in azione solo degli sprovveduti oppure possiamo chiederci cosa si stia muovendo in un business che muove decine di miliardi di euro tutti gli anni.

Il business “calcio” è stato in un certo senso travolto dalla trasformazione del business “media/televisione”. I diritti sportivi live sono diventati l’arma competitiva da avere per attrarre consumatori/spettatori che possono accedere facilmente pagando poco o niente a serie televisive e film; così sulle squadre di pallone stanno piovendo soldi che sono un multiplo di quelli di tre anni fa con il prezzo dei diritti tv che è esploso per molti sport in molte parti del globo. Parlare di calcio e parlare di pay per view significa oggi parlare di due cose molto vicine e molto simili che da un punto di vista finanziario fanno parte di uno stesso insieme; i diritti sono di gran lunga la principale voce di ricavo di una squadra di calcio e la principale voce di costo di una televisione pay per view.

Investire in calcio significa mettersi in una posizione di forza nei confronti di una tv; avere una “tv” che trasmette aumenta la presa sul settore. Lo scopo finale è sempre quello di farsi pagare dai consumatori o, direttamente, sotto forma di un abbonamento o direttamente vendendo l’audience agli inserzionisti. In questo secondo caso controllare il prodotto che i consumatori/spettatori vogliono guardare non è decisamente disdicevole sia sotto un profilo finanziario, sia di posizione competitiva nel momento in cui si vendono spazi pubblicitari con i consumatori che vedono i prodotti dell’azienda A invece che di quella B.

Non sappiamo come andrà a finire, ma se Mediaset premium andasse ai “cinesi” non potremmo sicuramente evitare una fortissima sensazione di deja vu.