L’azienda italiana Fincantieri, con un azionista di maggioranza “pubblico”, prenderà il controllo di Stx France dopo essere stata il solo gruppo a presentare un’offerta. La notizia è particolarmente interessante considerata la colossale campagna acquisti che il sistema Paese francese ha fatto in Italia negli ultimi anni e considerando quanto successo negli ultimi mesi e settimane, prima con l’acquisizione della quota di maggioranza in Telecom Italia da parte di Vivendi, una quota probabilmente promessa alla ex France Telecom oggi Orange, e poi con l’irruzione nel capitale della prima società televisiva italiana, Mediaset, e l’avvio di una vera e propria battaglia per il controllo della stessa fatta con pochissimi riguardi. Esultare per questa acquisizione italiana sarebbe come festeggiare per aver segnato un goal al 90’ in una partita dove l’altra squadra ha già segnato dieci goal; gli altri goal hanno il nome di Parmalat, Edison, Pioneer, Bnl, Bulgari, Telecom Italia, Loro Piana, ecc.

A questo riguardo sono particolarmente illuminanti le dichiarazioni rilasciate ieri dal segretario di Stato francese all’Industria Christophe Sirugue: “Vogliamo preservare il sito di Saint-Nazaire, vogliamo preservare la filiera, cioè le relazioni con i subappaltatori” e cioè nessuno si sogni di fare tagli o men che meno di sostituire la filiera francese con fornitori italiani; oggi noi ci interroghiamo sugli impatti dell’acquisizione di Parmalat sulla filiera italiana e ci diamo risposte molto poco incoraggianti. Il segretario non ha escluso l’entrata nel capitale della società in questione del gruppo francese Dcns a controllo statale. Da notare a questo proposito che lo Stato francese ha già il 33%, una minoranza di blocco, di Stx France. In pratica giusto per essere sicuri che il 33% non basti per garantire la “francesità” magari, quasi quasi, si aumenta ulteriormente il peso del sistema francese coinvolgendo non lo Stato, l’immagine conta, ma un suo parente strettissimo dato che lo Stato francese possiede il 62% di Dcns. Per essere ancora più chiari, il segretario di Stato francese ha dichiarato quanto segue: “L’interesse dello Stato francese è di preservare il nostro gioiello. Penso che su questa base si imposterà la discussione”.

Le discussione tra Stato francese e Fincantieri, un’azienda europea, che entra dopo aver presentato l’unica offerta in una società dove lo Stato francese mantiene non una zampa ma tutto lo zampone, parte dal presupposto, non è nemmeno un obiettivo, che lo Stato francese debba preservare il suo gioiello. Rileggere la storia delle acquisizioni francesi in Italia degli ultimi anni e ancora di più degli ultimi mesi e poi settimane alla luce di queste dichiarazione è quasi grottesco. Il problema non è che lo Stato francese sbagli, anzi, ma che lo Stato italiano non abbia mai avuto neanche un decimo dell’attenzione richiesta per preservare i suoi gioielli, la sua economia, con migliaia di posti di lavoro, e in ultima analisi una fetta importantissima di indipendenza sostanziale.

Dopo queste dichiarazioni ci chiediamo cosa impedisca allo Stato italiano di fare la sua comparsa su alcuni dei dossier più caldi del momento a partire, magari, da Telecom Italia. Considerati i rumour che circondano Unicredit e Generali e considerate le sberle prese negli ultimi anni, forse è davvero il caso di cominciare a darsi una mossa. Magari si riesce perfino a recuperare un po’ di terreno perso. Sicuramente non si deve avere nessuno, ma proprio nessuno, imbarazzo.