Secondo le ultime indiscrezioni, riportate ieri da Il Sole 24 Ore, si sarebbero riaperte le comunicazioni tra Mediaset e Sky per la cessione di Mediaset Premium. Se fosse vero si tornerebbe indietro di almeno un anno, quando il fallimento della trattativa tra Mediaset e Sky portava all’accordo della società fondata da Berlusconi con Vivendi. Oggi sappiamo come è andata: Vivendi ha “stracciato” l’accordo prima dell’estate e poi ha rastrellato sul mercato una quota del 30% in Mediaset, facendo nel frattempo schizzare le azioni della società italiana.
Le trattative tra Sky e Mediaset si sono arenate per una questione di prezzo. I fatti hanno dato ragione a Sky, non solo perché non ha perso clienti dopo aver perso i diritti della Champions League, ma anche perché Mediaset ha dovuto mettere nero su bianco una mezza ritirata dal segmento premium nel piano industriale di due mesi fa. “L’approccio opportunistico” ai diritti sportivi live e la volontà di diminuire gli investimenti sono apparsi a tutti come una marcia indietro rispetto alle centinaia di milioni di euro spesi per le esclusive.
La questione è sempre la stessa: se Mediaset vuole provare veramente a sfidare Sky deve mettere in conto uno sforzo finanziario molto impegnativo per molto tempo in un mercato complicato e in crisi. Mediaset Premium a oggi è un investimento che non dà ritorni positivi. Tutto questo però non può non tenere conto del fatto che Vivendi ha speso circa un miliardo di euro per ottenere una partecipazione del 30% in Mediaset: una mossa che oggi sarebbe un fallimento perché Vivendi non incide sulla gestione di Mediaset, ancora controllata da Fininvest, e perché non può perseguire la strategia di creazione di un player del Sud Europa. Oggi Vivendi, che ha speso un miliardo, dovrebbe stare a guardare mentre Mediaset Premium passa a Sky impedendole per sempre di perseguire la propria strategia. Anche senza questa cessione, Vivendi avrebbe solo due alternative: o lanciare un’opa su Mediaset o trovare un accordo con Berlusconi che implichi un trasferimento sostanziale di potere.
Non sappiamo se le indiscrezioni su Premium siano vere. Ogni ipotesi è lecita dopo quello a cui si è assistito negli ultimi mesi su Mediaset. Sappiamo però che lo scenario competitivo nel settore media e in quello televisivo è abbastanza complicato. Ci sono i costi dei diritti live completamente esplosi perché è uno dei pochi contenuti che l’utente non riesce a “recuperare” con alternative economiche o illegali. Ci sono operatori, come Netflix, che offrono contenuti a cifre discount, poi c’è la concorrenza di “internet” che si può usare per passare un paio d’ore al posto della “tele”; ci sono anche nuovi produttori di contenuti da Amazon alla stessa Netflix che oltretutto riescono a spalmare lo stesso prodotto su un mercato globale. In questo scenario se Mediaset cedesse Premium rischierebbe di essere percepita come una tv generalista, la parte meno nobile del mercato e in declino, in un Paese con prospettive economiche non particolarmente eccitanti. Sky è parte di un gruppo internazionale e, in Italia, è il leader indiscusso nel segmento più ricco. Vivendi offre la prospettiva di un operatore continentale che vuole giocare la partita premium.
Il fondatore di Mediaset, Berlusconi, sta cedendo il Milan, un’attività che vista l’evoluzione del settore potrebbe anche essere considerata sinergica a quella televisiva; non è strano negli Stati Uniti che sotto lo stesso ombrello ci siano televisioni e squadre sportive (è il caso per esempio dei New York Knicks). Se ci fosse una battaglia di deleghe nell’assemblea degli azionisti di Mediaset, Fininvest dovrebbe convincere gli investitori che il suo progetto attuale è migliore di quello di Vivendi. Non è immediato. Lo stesso attuale azionista di controllo di Mediaset si starà sicuramente chiedendo quale sia la scelta migliore nel lungo termine; senza l’intervento di Vivendi oggi Mediaset, per la cronaca, varrebbe la metà.
I rumour su Sky e Mediaset rischiano di far perdere di vista i termini della questione. Poi, ma questa è un’altra storia, ci sarebbe il problema, per il sistema Paese, di consegnare la prima televisione privata, oltre che Telecom Italia e molto altro, alla Francia; in tempi di “leaks” di “fake news” e di tentativi più o meno veri di influenzare le elezioni diventa ancora più chiaro quanto certi settori siano intrinsecamente legati a un’idea di sovranità e democrazia sostanziali; infatti, nessun’altra democrazia del primo mondo ha permesso e permetterebbe un intervento “straniero” di questa portata sui propri media o telecomunicazioni. Siccome gli interessi economici sembrano portare a un solo risultato, e cioè la vittoria di Vivendi, bisognerebbe pensare creativamente per offrire una soluzione che sia da un punto di vista industriale competitiva con quella di Vivendi e sinergica con gli interessi del sistema Paese. Se non cambia niente Mediaset sembra destinata a essere la prossima conquista francese in Italia. Solo che magari da aprile in Francia ci sarà quella simpatica europeista della Le Pen.