Ieri lo spread Btp-Bund ha, per la seconda volta dall’inizio dell’anno, passato quota 200 riportandosi ai massimi degli ultimi tre anni; non va meglio neanche al rendimento sul decennale ormai stabilmente sopra il 2%. Come per magia si sono rivisti ieri cali abbastanza decisi sulle banche italiane. Nelle stesse ora il rendimento del bond a due anni tedesco batteva qualsiasi record, al ribasso, con un rendimento negativo dello 0,95%: in pratica si paga il governo tedesco per il privilegio di prestargli i soldi; oggi presto 100 e tra due anni avrò 98.
Per capire quello che sta accadendo non servono particolari competenze finanziarie. Il mercato ha talmente tanta paura di quello che può succedere nei prossimi mesi che preferisce prestare al governo tedesco pur di evitare perdite molto più antipatiche. Il contesto in cui si prendono queste decisioni è quello di una possibile rottura dell’euro. In questo scenario meglio dare al governo tedesco 100 e poi avere indietro 98 marchi che prestare al governo italiano 100 per avere indietro 102 svalutate lire.
Non servono neanche particolari competenze politiche o geopolitiche per smascherare il colpevole di questo nervosismo decisamente fuori norma. Il colpevole sono le elezioni francesi e i sondaggi che mostrano come una vittoria della Le Pen non sia impossibile. Si può anche ritenere che sia improbabile, ma a meno di dodici mesi della vittoria del leave al referendum sulla Brexit e a meno di sei da quella di Trump, due eventi dati per impossibili, certi rischi non si possono ignorare. Due giorni fa la notizia dell’alleanza di Bayrou e Macron, con il primo che rinuncia alla corsa per appoggiare il secondo, ha spostato il cambio euro/dollaro e altri indici globali e continentali. Questo “solo” perché con questa alleanza aumentano le possibilità che Macron, lo sfidante numero uno della Le Pen, arrivi al secondo turno. In pratica i mercati mondiali sono diventati esperti di politica francese.
Marine Le Pen ha dichiarato di voler portare la Francia fuori dall’euro. La moneta unica non si può permettere neanche una defezione per due motivi: il primo, banale, è che se uno esce allora possono uscire tutti; il secondo è che se uno esce e invece di trovare lutti e disperazione trova un equilibrio, magari migliore del precedente, allora il fuggi fuggi sarebbe impossibile da contenere. Se questa è la posta in gioco possiamo avventurarci nella facilissima previsione di un paio di mesi molto interessanti sui mercati finanziari. Esattamente come quelli che hanno preceduto il referendum inglese, ma per dieci perché l’Inghilterra lasciava l’Europa da cui aveva sempre tenuto un piede fuori, mentre la Francia uscirebbe, lasciando solo i cocci, dall’euro. Vogliamo spingerci un centimetro più in là.
Qualsiasi scenario che prenda in considerazione la spaccatura dell’euro tocca da vicinissimo l’Italia che non solo ha sempre la solita crescita anemica, che ha perso pezzi di sistema industriale senza colpo ferire, ma che si rifiuta ostinatamente di fare una manovra correttiva che ha sostanzialmente lo stesso importo dei bonus elettorali ai diciottenni. Qualsiasi cosa si pensa dell’Europa, nessuno che abbia un minimo di amor proprio può pensare di andare a Bruxelles a chiedere flessibilità sui conti dopo aver elargito miliardi di euro di bonus elettorali; non solo oggi che la situazione diventa esplosiva e forse servirebbe il bel gesto, magari non particolarmente oneroso, per far scendere la temperatura si rimanda al mittente le richieste. Praticamente l’Italia offre la conferma di tutti i pregiudizi, sbagliati, che gli europei hanno sul Bel Paese.
Vale sempre l’assunto che la Francia uscirebbe dall’euro in piedi, mentre l’Italia grazie a quanto successo dal 2011 in poi molto peggio, oltretutto avendo dato prova negli ultimi tre anni di non saper cambiare; non tanto su una legge elettorale che non importa a nessuno, soprattutto perché il futuro dell’Europa si gioca adesso, ma per la povertà dei risultati economici. Basti pensare alla fallimentare gestione del precedente governo della questione bancaria. Dato questo scenario immaginate la reazione dello sgomento investitore d’oltreoceano alla notizia che in Italia è caduto il governo e che ci saranno elezioni tra tre mesi, l’ennesima del 2017 in un’Europa a ferro e fuoco, con il rischio che vincano i cinque stelle oppure, scegliete voi, quello dei bonus ai diciottenni senza manovre correttive.
Non sappiamo se Marine Le Pen vincerà o no; quello che sappiamo è che è decisamente il caso di fare la figura dei “responsabili” sia per quello che vedremo nei prossimi due mesi, sia per quello che forse vedremo da aprile in poi.