Lo spread tra Btp e Bund ieri è salito sopra 200 per la prima volta dal 16 ottobre 2014 mentre la Borsa italiana scendeva di oltre il 2% colpita e affondata nella parte più direttamente legata alle sorti dell’economia italiana e cioè dalle parti di banche e dintorni. Se lo spread sale ai massimi degli ultimi due anni e mezzo significa che il nervosismo dei mercati comincia ad andare su di giri e che cominciano ad accendersi le spie rosse. I ribassi di ieri sono riconducibili alle dichiarazioni di Marine Le Pen di domenica. Il candidato del Front National ha dichiarato che in caso di vittoria la Francia uscirà dall’euro, dalla Nato e dall’Europa in un discorso incentrato sulla difesa contro la globalizzazione, contro l’Europa, contro l’immigrazione e per un ritorno alla sovranità francese. È chiaro a tutti che se la Le Pen vincesse le elezioni l’euro e questa Europa, quella che conosciamo da qualche decennio, sarebbero morti. Non c’è possibilità che l’euro e l’Europa sopravvivano a questo trauma, sempre ammesso che non sia già la conclusione inevitabile; tralasciamo le dimenticatissime prossime elezioni in Olanda che non fanno rumore, ma che non promettono affatto bene per l’Europa. Le dichiarazioni di Draghi di ieri, “l’euro è irreversibile”, non hanno la forza di disinnescare quelle della Le Pen di domenica a due mesi dalle elezioni e nel contesto attuale.
Se il mercato prende in considerazione l’ipotesi di dissoluzione dell’euro, oltretutto nel breve termine, deve completamente ripensare la propria visione sull’Italia; un Paese che cinque anni fa sarebbe uscito dall’euro bene e che oggi invece ci uscirebbe devastato dall’austerity e spogliato di innumerevoli asset strategici. Sarebbe il caso di riprendere le fila di quanto successo nel 2011, quando l’ultimo primo ministro eletto italiano, Berlusconi, fu fatto dimettere sotto la pressione dello spread a 500 forse proprio perché aveva cominciato a minacciare l’uscita dall’euro o una ridefinizione sostanziale dei rapporti di forza e non prima con tutte le possibili ragioni che si sarebbero potute usare.
Gli effetti delle ricette dell’Europa per risollevare l’economia italiana sono davanti a tutti: disoccupazione a due cifre, un giovane su due senza lavoro e capacità produttiva devastata. Oggi l’Italia uscirebbe dall’euro molto peggio sia perché l’economia ha incassato impressionanti battute d’arresto, sia perché gli ultimi governi hanno instillato negli investitori la certezza che l’Italia non riesce a tagliare le spese, a riformare la macchina pubblica e anzi si accorda con l’Europa, da cui dovrebbe uscire e contro cui si dovrebbe scontrare, per continuare a pagare bonus elettorali. Tralasciamo per carità di patria la masochistica decisione di attuare l’austerity, imposta in malafede dagli “amici europei”, come unica modalità possibile per curare i bilanci statali.
Ma torniamo per un attimo alle elezioni francesi. Dovremmo essere rassicurati dal fatto che la Le Pen, l’unica che secondo i sondaggi sarebbe sicura di uscire dal primo turno, non avrebbe invece nessuna chance al secondo turno; tutte le altre forze politiche si coalizzerebbero per scongiurare la vittoria di un candidato “populista”. Nessuno però, tanto meno gli investitori, può escludere questo scenario a tre mesi dalla vittoria di Trump che veniva dato perdente al 93% dal New York Times un giorno prima delle elezioni. Il messaggio della Le Pen di domenica era, nella sostanza, coincidente con quello con cui Trump ha battuto un candidato che sembrava imbattibile e che aveva dietro tutti i media. Basarsi sui risultati delle elezioni regionali francesi del 2015 per darsi rassicurazioni sulla impossibilità di un successo della Le Pen non è una ragione sufficiente nel 2017 dopo il successo del “Leave” nel referendum sulla Brexit, dopo la vittoria di Trump e con l’emergere di disparità economiche sempre più evidenti all’interno dell’Europa; questo oltre alle sfide poste dall’immigrazione.
La giornata borsistica di ieri è solo l’ultima prova che gli investitori hanno cominciato a contemplare come possibile la fine dell’euro e dell’Europa come la conosciamo. Di fronte a questo scenario il dibattito politico nel nostro Paese è surreale. L’Italia dovrà convincere italiani e stranieri a comprare il proprio debito senza più nessuna copertura dall’Europa, ma con le proprie forze. Servirebbe mettere in ordine il più possibile la macchina statale e l’economia del “sistema Paese”. Vale sempre la pena ricordare che tutte le imprese cedute a “partner europei” da aprile potrebbero diventare cedute a un Paese concorrente al nostro se non, dal punto di vista economico e geopolitico, dichiaratamente nemico. Le transazioni avvenute in nome del “mercato”, ovviamente non lo sono mai state, passerebbero senza neanche passare dal via a essere cessioni di sovranità a uno Stato concorrente che ha palesemente una presa saldissima sul suo sistema Paese.