Due anni fa dal Meeting di Rimini Mario Draghi aveva aperto il percorso per affrontare la crisi indotta dalla pandemia, una strada che lo avrebbe portato dopo cinque mesi a palazzo Chigi. La sua frase chiave, la differenza tra “debito buono e debito cattivo”, non era un esercizio intellettuale, ma una linea di politica economica.
Ieri, davanti alla stessa audience che gli ha tributato una standing ovation, Draghi giunto alla fine della sua esperienza di governo (troppo breve a giudicare dai “grazie presidente” gridati a gran voce) ha inviato un altro messaggio. Non si tratta di una ricetta, né di un programma che spetta a chi vincerà le elezioni il 25 settembre, ma è piuttosto una lezione di metodo, di comportamento, di condotta con una netta carica ideale. Fiducia, rischio calcolato, spirito repubblicano sono i tre pilastri, le tre parole d’ordine.
Fiducia nelle possibilità e nelle risorse del Paese, fiducia da dare agli italiani e da garantire all’esterno, ai mercati che hanno accesso i riflettori, ai partner europei, agli alleati internazionali. “Sono sicuro che di qualunque colore sarà il Governo ce la farà a superare tutte le difficoltà, così come abbiamo fatto noi. Agli italiani dico: andate a votare”, sono le parole del presidente del Consiglio. “La credibilità interna deve andare di pari passo con quella internazionale. L’Italia è Paese fondatore della Ue, protagonista del G7 e della Nato”. E ancora: “Protezionismo e isolazionismo non coincidono con il nostro interesse nazionale. Dalle spinte autarchiche al sovranismo che voleva uscire dall’euro, l’Italia non è mai stata forte quando voleva fare da sola”.
Rischio calcolato è la bussola che lo ha guidato fin dal modo di affrontare il Covid-19, dalla campagna vaccinale alla riapertura progressiva, ma generalizzata. Rischio calcolato anche nella robusta politica di sostegni che ha spinto la crescita a ritmi inattesi e ha consentito di ridurre il debito sul prodotto lordo (dunque il debito pubblico è aumentato, ma è stato “debito buono”). Rischio calcolato nell’affrontare la crisi del gas puntando a ritmo accelerato sulla ricerca di fornitori alternativi alla Russia verso la quale ha tenuto una posizione molto ferma, ribadita anche ieri: “Non possiamo dirci europei se non difendiamo dignità di Kiev. Non c’è alcuna contraddizione tra la ricerca della pace, il sostegno all’Ucraina e l’attuazione di sanzioni efficaci” che “ha usato il gas come minaccia geopolitica. Non deve accadere mai più”. E ha aggiunto: “L’indipendenza dalla Russia nell’autunno 2024 è un obiettivo fondamentale per la sicurezza. Bisogna slegare il costo dell’energia elettrica dal prezzo gas. In pochi mesi è stato fatto un cambio radicale della politica energetica italiana”.
Il rischio l’ha preso, ma i primi risultati ci sono: “Le importazioni di gas russo sono sempre meno significative e una loro eventuale interruzione avrebbe un impatto minore, gli stoccaggi sono oramai all’80% in linea con il raggiungimento del 90% entro ottobre”. Ciò non vuol dire che non esistano pericoli nell’immediato futuro. Al contrario. “Anche oggi siamo in un momento estremamente complesso per l’Italia e la Ue, con il quadro geopolitico in rapida trasformazione con il ritorno della guerra e le tensioni su Taiwan – ha detto Draghi -. La congiuntura economica è segnata da una profonda incertezza” e l’inflazione “pesa in modo molto gravoso sui bilanci di famiglie e impese. Ma l’Italia è un grande Paese”.
Spirito repubblicano. È stato un’ispirazione ideale e un suo modo di governare, tanto che ha rifiutato di tirare avanti senza il Movimento 5 Stelle, proprio perché ha concepito fin dall’inizio il suo mandato all’interno di una grande coalizione, un’ampia maggioranza di unità nazionale. È vero che Fratelli d’Italia è rimasto fuori, ma Draghi ha mantenuto con Giorgia Meloni un rapporto aperto, franco e il più possibile costruttivo.
Ieri ha invitato il prossimo Governo, che sarà presumibilmente guidato proprio da Giorgia Meloni, a preservare lo stesso spirito. Un Governo le cui decisioni “segneranno il futuro dell’Italia” e al quale lascia una eredità non facile a cominciare da ben 434 provvedimenti da realizzare per portare avanti il Pnrr senza rimetterlo in discussione e tanto meno stravolgerlo. Di spirito repubblicano c’è bisogno per superare prove irte di ostacoli nella messa in opera dei cantieri costruendo attorno a essi un convinto consenso. Ne serve ancora di più per affrontare dossier bollenti, a cominciare dalle tasse: “Eliminare ingiustizie e opacità non vuol dire aumentare le tasse, questo è lo scopo della riforma del catasto”. E soprattutto “l’evasione fiscale non deve essere né tollerata né incoraggiata”.
È naturale che nel suo discorso di commiato Mario Draghi abbia indicato con orgoglio i risultati raggiunti, riaffermando la sua agenda che non è un elenco di cose fatte e da fare, di appuntamenti ai quali non mancare, ma è soprattutto una indicazione di metodo. Il “banchiere senza cuore”, però, è apparso toccato dalla passione piena di genuina riconoscenza con la quale è stato accolto. “Se vado oltre la commozione – ha detto – questo entusiasmo vostro mi colpisce molto in profondo. Voi giovani vivete la politica come ideali da condividere, impegno sociale per la loro affermazione e testimonianza di una vita coerente con questi ideali”. Mancava solo una frase: “E adesso rimboccatevi le maniche”. Ma forse era implicita.
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