Dopo Botte di Natale, Bud Spencer e Terence Hill non hanno più girato un film insieme, ma il secondo ha di recente dedicato un film al primo, nel frattempo scomparso. Stiamo parlando de Il mio nome è Thomas, pellicola uscita l’anno scorso, diretta e interpretata da Terence Hill. Il titolo, la trama, la colonna sonora e anche una location scelta per le riprese richiamano al passato cinematografico di Mario Girotti, condiviso a lungo con Carlo Pedersoli. Anche se originariamente non doveva essere tale, il titolo ricorda Il mio nome è Nessuno, western del 1973 con Terence Hill ed Henry Fonda. Un brano della colonna sonora è scritto da Franco Micalizzi e vi si ode il fischio di Alessandro Alessandroni (con un richiamo più che indiretto a Lo chiamavano Trinità). Parte delle riprese si sono svolte nel deserto di Almeria, dove Bud e Terence girarono il loro vero primo film insieme: Dio perdona… io no! La trama, infine, è molto “autobiografica” e non può non esserci un po’ di Bud in quello che Terence racconta, soprattutto nella scena finale.
Un uomo di cui sappiamo poco o nulla, nemmeno il vero nome, decide di partire per un viaggio in solitaria in sella alla sua Harley verso il deserto di Almeria, dove intende leggere e meditare “Lettere dal deserto” di Carlo Carretto. Non sembra casuale la scelta di un libro scritto da un religioso visto che l’uomo, prima della partenza, si reca da un gruppo di frati, che gli impartiscono una sorta di battesimo, dandogli il nome Thomas (derivato da Tommaso, che si addice a quell’uomo, visto che, come il famoso Apostolo, se non vede non crede).
Thomas parte, con tanto di padella che sembra adatta per cucinare i fagioli alla Trinità, e sulla sua strada incontra Lucia, una ragazza che toglie dai guai e che suo malgrado si trova ad accompagnare in Spagna. Se in principio c’è la voglia, da parte dell’uomo, di continuare il suo viaggio in solitaria, in breve tempo si affeziona a Lucia, capisce che nasconde un segreto e fa di tutto per aiutarla. I due raggiungono anche il deserto di Almeria e, nonostante un brutto evento, ci sarà un lieto fine.
Come detto, sono tanti gli elementi che fanno pensare che Terence Hill abbia voluto realizzare un film sostanzialmente autobiografico, in cui si scorgono anche sfumature che sembrano tratte dalle fiction che ha interpretato per Lux Vide, da Don Matteo a Un passo dal cielo. Impossibile poi non pensare a suo figlio Ross che ha perso la vita a 16 anni. Bisognerebbe conoscere molto bene la biografia di Mario Girotti per poter cogliere tutti i dettagli legati alla sua vita nella pellicola. Ma anche ignorandoli, Il mio nome è Thomas risulta uno di quei film in cui si riflette sul senso della vita e che alla fine lascia delle domande. Il che non è certo un male.
E la scena finale ci lascia pensare che Terence Hill l’abbia girata pensando anche a Bud Spencer, l’uomo con cui ha detto di non aver mai litigato e di cui ha ricevuto la notizia della morte proprio mentre si trovava nel deserto di Almeria, dove i due avevano lavorato insieme, ancora indeciso se girare o meno lì le scene del film. È stata proprio la telefonata che gli ha dato la notizia della scomparsa dell’amico, ha raccontato Terence Hill, a convincerlo a scegliere quel deserto. Solo un segno del destino?