Conte e Grillo sono ai saluti. La guerra iniziata da Giuseppe Conte al fondatore dei 5 Stelle si avvia alla conclusione. O sarà scissione o Grillo dovrà calare il capo. Perché i 5 Stelle di oggi non ne vogliono più sapere di essere grilli. Le due cose hanno funzionato bene assieme per quasi un decennio, finché non si è rotto il giocattolo per le scelte di Grillo che ha abbracciato Conte ed i suoi governi allontanando Di Maio, Di Battista ed altri che chiedevano delle radicali riforme interne.



Conte ha finto di essere il nuovo ministro del culto di Grillo mentre in realtà voleva un soggetto politico nuovo, che riferisse a lui solo e non al comico genovese. Pian piano, complici l’età e la distrazione, Grillo ha smesso di essere capo politico ed ora è ai margini di tutto. Tanto ai margini da essere accusato dai suoi ex amici, come Di Maio, di temere solo per i soldi del contratto che lo lega ai 5 Stelle e non per la sorte del movimento.



In pratica, il fondatore-di-tutto ridotto a consulente indesiderato a cui pagare gli ultimi ratei di compenso per tenerlo buono. Quel che è certo è che, se i due litigano, i loro elettori sono sempre meno. L’iniziale moto rivoluzionario si è tradotto in una miriade di correnti e correntine, muoversi tra le quali è complesso, ma che si possono riassumere in due anime. Una lealista, che vede in Grillo la vera essenza di questa storia politica. Ed una realista, che vede in Conte colui che per davvero ha declinato i sogni facendoli diventare un po’ più concreti. Senza Conte non ci sarebbe stato il reddito di cittadinanza e non si sarebbe fatto nessun governo grillino; solo che poi Conte ha capito che poteva diventare non il capo dei grillini, ma il capo dei 5 Stelle.



Questa guerra non finirà bene: come tutti i divorzi gestiti male ci saranno carte bollate e spese da pagare, e a farne le spese saranno gli elettori, che resteranno orfani e soli. Pare un po’ la fine della Dc, con le guerre sul simbolo ed i tanti eredi che si accapigliano per dimostrare chi ha più titolo per rappresentare quella storia. Solo che Conte in mente ha altro. Vuole un partito riformista non schierato troppo a destra e soprattutto vuole Renzi fuori dai giochi, non avendogli perdonato la sua defenestrazione e la nomina di Draghi. Ferita che ancora sanguina, come il consenso che Grillo diede a quella operazione.

Il partito di Conte tenderà a somigliare al partito di Di Pietro. Un ammasso di posizioni confuse che trovano sintesi solo nelle visioni del leader. Mentre non si comprende se ci sarà un partito dei grillini: Beppe è anziano, forse annoiato dal teatrino e non ha voglia di rifare tutto daccapo. Senza la sua spinta visionaria e folle nessun percorso esplosivo è possibile.

Di questa crisi si avvantaggia il Pd, che sta alla finestra e corregge la rotta di Conte (promesso sposo) in politica estera e che vorrebbe vedere tutti uniti marciare contro la Meloni. Ma a Conte ora interessa solo prendersi il partito e legittimare la sua leadership. Sa bene che senza un partito tutto suo, non condiviso con altri leader, la sua corsa per tornare al potere si complica. Per ora alleanze e accordi sono ipotesi che ventila per tenere buona la Schlein e parte dei suoi. Ma nella sua mente c’è solo un’idea: rimettere piede a Palazzo Chigi. Chiunque si opponga, sia Grillo o sia il Pd, dovrà vedersela con lui, che dopo il parricidio edipico non avrebbe alcuna difficoltà far saltare il banco se capisse di non essere lui a comandare. Ci ha preso gusto e non molla. Con i suoi 5 Stelle a lui fedeli vorrà fare piazza pulita dei grillini per andare allo scontro con il Pd in ipotetiche primarie di coalizione in cui si vede già vincitore.

Questo il suo disegno. Quello di Beppe Grillo non è pervenuto. Ascolta, chiacchiera, si arrabbia ma alla fine ha altro per la testa. Se fosse un leader vero suonerebbe i tamburi nella giungla e chiamerebbe a sé i suoi tanti seguaci arrabbiati per la crociata contro l’usurpatore Conte. E forse vincerebbe, ma poi dovrebbe indicare un nuovo leader che, inevitabilmente, gli andrebbe contro. Perché così è la storia e così va la vita. E lui, di questo, pare ne abbia abbastanza. Pare.

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