“Equivoca” è l’aggettivo che meglio si presta a definire la posizione delle grandi piattaforme web e la cui connotazione è emersa per l’ultima, ma non certo la prima volta, con la vicenda del “bando” pressoché totale di Donald Trump dalla rete (chiusura account Twitter e sospensione di quello Facebook, messa offline della piattaforma a lui vicina Parler a cui Google e Amazon hanno cessato di erogare i servizi).
A seguito dell’accaduto è cominciato il dibattito sulla legittimità di queste azioni in cui si è affermata ogni possibile manifestazione del pensiero morale, etico e politico umano. Alcuni sostengono che un consiglio di amministrazione di un’azienda privata non possa prendere una decisione che è di fatto “politica”; altri hanno affermato come si tratti di una normale prassi in certe situazioni e quindi non si capisce perché Trump debba avere un trattamento speciale; un certo numero ha sollevato il problema della responsabilità delle piattaforme rispetto ai contenuti degli utenti; non è mancato chi l’ha considerato un attacco alla libertà di espressione. In realtà, come spesso capita, tutti offrono risposte, ma nessuno fa le domande, soprattutto quelle “giuste”.
In questo senso la prima in assoluto dovrebbe essere: di chi stiamo parlando? Non mi riferisco a Trump, ma ai “soliti noti” (Google, Facebook, Apple, ecc.). Fino a quando non si riuscirà a dare una qualche forma di inquadramento giuridico (mi verrebbe da dire che prima dovrebbe essere cognitivo) a questi soggetti, discettare sulla legittimità o la correttezza dei loro comportamenti appare un bieco esercizio retorico. Di fatto non esiste una singola categoria economica, giuridica e culturale di tipo tradizionale a cui possano essere ricondotti.
Piace chiamarle piattaforme di servizi, ma nel momento in cui si cerca di capire quali si cade in una sorta di “incapacità descrittiva”. Nella nuova normativa europea per la regolamentazione del mercato digitale è stata introdotta anche la definizione “Gatekeeper” (Guardiano) che oltre a essere non proprio chiarissima è anche piuttosto inquietante. Nel 2017 Franklin Foer ha pubblicato “About World Without Mind – The Existential Threat of Big Tech” cogliendo il tema, ma non trovando una definizione onnicomprensiva. Ci sarebbe anche Over The Top, ma è sempre stato utilizzato per definire alcuni particolari aspetti come la fornitura via web di servizi e contenuti soprattutto video.
In definitiva abbiamo un problema di definizione per nulla trascurabile. Forse trovare un neologismo adeguato non è poi tanto importante, mentre potrebbe essere essenziale capire almeno cosa sta succedendo, e forse un salto nel passato potrebbe fornirci qualche indizio. Alla fine del Quattrocento l’Europa scopre un Nuovo Mondo con una serie di imprese private, sostenute dagli stati (Colombo, Magellano e via dicendo). Nei successivi quattro secoli lo colonizza, poi alla fine della Seconda guerra mondiale quel mondo “esplode” ed eccoci ai giorni nostri.
Proviamo a ragionare per analogia. Alla fine del XX secolo la civiltà occidentale scopre un Nuovo Mondo con una serie di imprese private, ma sostenute dagli Stati (Google, Facebook e via dicendo). Nei successivi quarant’anni lo colonizza, poi… A questo punto ci dobbiamo fermare perché è proprio questo il momento in cui ci troviamo. Certo, con le debite differenze. Per esempio, in molti casi (non tutti, se pensiamo alle celebri Compagnie delle Indie Olandesi e Britanniche) la colonizzazione avvenne sotto la guida degli Stati, oggi non è così (visto che i Governi inseguono con provvedimenti normativi, e anche i migliori suonano come una sorta di “abdicazione”). Il momento è difficile, però se dovessi fare una previsione mi limiterei a rammentare a tutti una citazione di Mark Twain che mi sembra calzi a pennello: “La Storia non si ripete, ma fa rima”.