E’ incredibile il dominio opprimente dell’ideologia. Che restringe gli orizzonti mentali e costringe a rocambolesche giravolte di pensiero per sottostare ai suoi dettami.

Davanti alle urgenze del paese e della nostra affaticata Europa il dibattito italiano, la politica, l’informazione si concentrano sull’articolo e sulla desinenza con cui nominare chi siede oggi sullo scranno della Presidenza del Consiglio.



Si chiama Giorgia, è una donna, se ancora si può dire, dato che ci sfiancano da anni con l’ultima bizzarria maniacale degli intellò da Ztl, la demenza dello schwa. E’ proprio chi nega la diversità di genere, chi appiattisce sessualità e intelligenza, profondamente differenti, chi costringe ancora una volta gli esseri femminili ad annullarsi, a sparire, ecco, questi stessi si incazzano perché una donna non vuole essere chiamata la premier, la presidente, ma rivendica con caparbietà l’articolo il.



Naturale. 38 presidenti del Consiglio nella storia repubblicana e prima solo re uomini, e poi vorrebbero schiacciare la prima donna solo sul dato biologico negato dal mainstream che ha stravolto la nostra antropologia. Tiè! Io mi chiamo Giorgia, ma mi rispettate come avete sempre fatto con gli uomini. Punto.

Le femministe storiche l’hanno capito, e apprezzano. Le loro pallide e livorose eredi dovrebbero lavorare, piuttosto, sul senso del loro agitarsi, finora vano, per le donne. E domandarsi perché, in Italia e in Europa, la sinistra non sappia far altro che appaltare donne per gentile concessione degli uomini (vicepresidenti, vicesegretari, mogli di… sempre per quote o predilezione paternalistica). Qualcuna ce la fa di suo. Purché non si tratti di scalare solo il potere, e ancora una volta copiare modelli soprattutto maschili.



Viva le donne che strutturalmente, naturalmente, mettono sempre al primo posto il servizio.

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