Dunque, il Signor Presidente della Camera, l’Inquilino di Montecitorio, la Terza Carica dello Stato, il Rappresentante delle Istituzioni più vicino al Presidente della Repubblica, il Politico che un tempo predicava Legge e Ordine, l’Austero e Ieratico Gianfranco Fini ha sdoganato la parolaccia come strumento di lotta politica. Ha ufficialmente introdotto il turpiloquio nei Palazzi del potere.

L’Italia vive una stagione in cui l’emotività predomina su tutto. Lo scontro politico si alimenta delle contrapposizioni personali più che dei fatti e dei contenuti. Le linee guida dei partiti vengono dettate più dai giornali di bandiera (come Repubblica o Il Giornale) che dai coordinatori delle rispettive coalizioni di riferimento.
Da mesi Fini è attestato su posizioni critiche nei confronti di Silvio Berlusconi proprio in nome della moralità, del programma politico, dell’inclusione sociale: e ora improvvisamente salta fuori all’opposto, con l’insulto volgare che indispettisce, divide e non costruisce.

Una decina di giorni fa sembrava che, tra lui e Berlusconi, quello in maggiori difficoltà fosse il Cavaliere assediato che minacciava le elezioni anticipate. Ora la svolta scurrile dell’ex delfino di Giorgio Almirante farebbe pensare a un ribaltamento della situazione: esauriti gli argomenti politici, per tenere il premier sulle spine si esibiscono argomenti da bar sport.
La svolta da trivio è ancor più sorprendente in quanto nel centrodestra la situazione è tutt’altro che pacificata, come invece sembra credere Fini sentendosi obbligato a movimentare la scena. Vero che le elezioni anticipate appaiono scongiurate, ma nel governo la tensione rimane alta, come dimostrano le esternazioni di Renato Brunetta contro Giulio Tremonti e la sua severità nel gestire la spesa pubblica.

 

 

A differenza di Fini, Brunetta parla chiaro e si rivolge direttamente all’interlocutore: «I no di Tremonti frenano la ripresa, tutti soffrono per i suoi veti», ha detto al Corriere della Sera. Ma Berlusconi, tramite il portavoce Bonaiuti, ha fatto sapere a stretto giro che è lui stesso a ispirare la linea del rigore, condivisa dall’intero governo. L’esecutivo non subirà scossoni dall’ennesima polemica, che però conferma il perdurare delle difficoltà interne al Pdl.

In questa situazione, a differenza di Fini, si muove invece bene Pierferdinando Casini. Il quale, con l’avvicinamento di Rutelli, vede avvicinarsi la prospettiva di dare vita a polo centrista in grado di fare da ago della bilancia, un ruolo che potrebbe essere consacrato dalle imminenti elezioni regionali.
Casini ha lanciato una nuova ciambella a Berlusconi: un «mini lodo» sui processi in attesa di far riapprovare il Lodo Alfano come legge costituzionale, a patto che il centrodestra ammetta che si tratta di una legge «ad personam». Prospettiva difficile da attuarsi, ma Casini dimostra di non aver perso le speranze di rientrare nel giro. Sembra più vicino lui a Berlusconi che non Fini, il quale pure è socio fondatore e numero due del Pdl.