Cara Befana, sinceramente avrei preferito scrivere questa lettera a Gesù Bambino, più buono ed efficiente, ma credo che in questi giorni sia troppo impegnato a decifrare lo scritto natalizio che gli ha inviato Antonio Di Pietro. Tuttavia sono ancora in tempo per infilare i miei desideri per il 2010 nella tua calza: calzino vecchio fa buon brodo.

È un elenco piuttosto lungo, però la situazione lo richiede. Nell’anno nuovo vorrei un bel po’ di dolci, torte soprattutto. Sacher, strudel, pastiera, saint-honoré, quello che vuoi tu purché non siano crostate. Non le digerisco più dalla metà del giugno 1997, quando la moglie di Gianni Letta ne servì una che passò alla storia. La crostata che sancì l’accordo Berlusconi-D’Alema sulle riforme istituzionali.

Oggi l’Italia si trova in una situazione del tutto simile: non è istituita una Commissione bicamerale come allora, il resto però combacia. A cominciare dai leader degli schieramenti, appunto Berlusconi e D’Alema (anche se stavolta come leader-ombra del Pd di Bersani). Medesimo è il mediatore, Gianni Letta. Immodificate anche la necessità di riformare lo stato e la volontà, manifestata da entrambi i partiti, di agire.

Nel Pdl e nel Pd si dice che il 2010 sarà l’anno giusto per ammodernare la nostra struttura istituzionale. Come 13 anni fa, bisogna trovare un punto di mediazione. Ma per favore, Befana, niente torte con pastafrolla e marmellata, che portano male. Nel 1997 il «patto della crostata» fallì. Questa volta non possiamo permettercelo.

Vorrei anche del peperoncino, da regalare a Pierluigi Bersani. D’accordo, il Pd al parmigiano-reggiano è tutta un’altra cosa dal partito balsamico di Veltroni. Ma occorre un colpo d’ala, un’alzata ideale, un salto di qualità per fare decollare davvero il partito, sempre che voglia proporsi come alternativa di governo senza condannarsi all’opposizione per l’eternità. Un po’ di sprint per l’emiliano Bersani, uno stimolo a scattare, una carica di energia per decidere finalmente tra Berlusconi e Di Pietro. Altrimenti il Pd resterà il lento Ulivo del maratoneta Prodi.

A Pierferdinando Casini, cara Befana, vorrei regalassi un’altalena. Di qua e di là, su e giù, un colpo a destra un altro a sinistra: è il giocattolo ideale per l’Udc. Ma mi raccomando, questo dono dovrebbe arrivare prima degli altri, diciamo entro la fine dell’inverno. A fine marzo si vota per le elezioni regionali; con le urne chiuse, il gioco del pendolo non divertirebbe più nessuno.

Per Gianfranco Fini dovresti infiocchettare un arcolaio, uno di quei vecchi attrezzi di legno che le nostre nonne impiegavano per filare la lana. Il presidente della Camera lo userà proficuamente per continuare a tessere trame e orditi. In caso di necessità potrebbe adoperarlo come arma da tirare in testa a Vittorio Feltri. In caso di disoccupazione precoce (eventuali elezioni anticipate lo allontanerebbero dal piano nobile di Montecitorio) potrebbe servirsene per passare il tempo.

In arrivo per Giulio Tremonti c’è uno spadone che gli consentirà di dividere bene tra gli italiani i frutti dello scudo (fiscale). Per Francesco Rutelli uno sciame di Api che non lo lascino troppo solo. Per Umberto Bossi, prossimo a piazzare un suo uomo come governatore del Veneto, una miniatura del campanile di San Marco a Venezia (ma non in faccia).

Infine, cara Befana, dédicati ad Antonio Di Pietro, che ha chiesto a Gesù Bambino «di liberarci politicamente dal diavolo che ci governa»: procuragli un colloquio con padre Gabriele Amorth, il famoso esorcista di Roma, che gli spieghi com’è fatto il vero satana.