Comunque vada il voto per le regionali in Sardegna, c’è già uno sconfitto: si chiama Walter Veltroni. Venerdì sera, ultimo giorno di campagna elettorale, mentre Renato Soru chiudeva con un comizio in un padiglione della Fiera di Cagliari stracolmo, il leader dei democratici si spostava dal Sulcis al capoluogo e poi a Nuoro senza raccogliere grandi folle. E soprattutto senza incrociare in pubblico il suo candidato. È vero che Soru è un personaggino tosto che vuole preservare incontaminata la sua immagine di sardo doc, ma un segnale di unità non avrebbe fatto male al centrosinistra isolano.

Queste elezioni sono nate da una crisi interna alla maggioranza (sulla legge urbanistica) che sosteneva il fondatore di Tiscali. Il quale ci ha messo del suo per approfondire il solco: ha escluso dalle liste nomi storici della sinistra sarda, ha distribuito giudizi sprezzanti sui «castosauri», ha provocato una doppia scissione che potrebbe avere conseguenze imprevedibili. Dalla maggioranza che ha governato la Sardegna negli ultimi cinque anni sono infatti usciti il Partito socialista e il Partito sardo d’azione. I primi hanno presentato una lista autonoma guidata da Peppino Balia che potrebbe dare molto fastidio a Soru, raccogliendo gli scontenti del governatore che però non vogliono spostarsi a destra. I secondi, sia pure a prezzo di un’ulteriore spaccatura, sono passati con l’antagonista del governatore, Ugo Cappellacci.

Il voto disgiunto non è un fenomeno marginale in Sardegna e i sondaggi non sempre riescono a rilevarlo con precisione. Già cinque anni fa si registrò un forte scostamento tra i voti ai partiti e quelli ai candidati, a tutto vantaggio di Soru. Il compito di Veltroni era compattare il centrosinistra attorno al nuovo editore dell’«Unità», ma l’impresa non pare andata a buon fine. I suoi comizi in Sardegna sono passati in secondo piano rispetto a quelli del governatore dimissionario, come visibilità e come contenuti.

Veltroni è a una svolta cruciale. La manifestazione romana pro-Costituzione da lui voluta è stata un disastro: le poche migliaia di persone raccolte attorno al novantunenne Oscar Luigi Scalfaro hanno dato un colpo durissimo al Partito democratico, apparso fermo al passato nelle idee e negli uomini. Massimo D’Alema sta lanciando l’ex ministro Pierluigi Bersani come alternativa all’attuale segretario. Soru ha puntato tutto sull’immagine di uomo forte che dopo aver comprato l’«Unità» si proietta addirittura verso la leadership nazionale, anche se questa aspirazione appare sempre più una velleitaria autocandidatura.

Così, nonostante quello che si ripete a sinistra, il voto di oggi è più importante per Veltroni che per Berlusconi, il quale pure in questa campagna elettorale si è «sbattuto come un Moulinex» come ha scritto la velenosa «Repubblica» di Carlo De Benedetti, socio di Soru in Tiscali e prossimo produttore di energia fotovoltaica in Sardegna grazie ai recenti accordi con la regione.

Il premier è atterrato sull’isola quasi tutti i fine settimana per lanciare la candidatura di Ugo Cappellacci, poco conosciuto coordinatore regionale di Forza Italia, il quale è rapidamente cresciuto nei consensi e nei sondaggi. Berlusconi si è speso senza risparmio sicuro che Cappellacci ce l’avrebbe fatta.

Se il centrodestra perdesse in Sardegna, si rifarebbe a giugno alle europee. Se vincesse, toglierebbe dalla scena un leader rampante e uno arrancante.