Quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare, diceva John Belushi in un’immortale battuta del film “Animal house”. Quando la realtà stringe, si vede davvero ciò a cui si tiene. I giornali, più che la politica, sono scossi in questi giorni dall’ennesimo scandalo che riguarda Silvio Berlusconi, cioè la prostituta barese di alto bordo che avrebbe passato la notte a Palazzo Grazioli. Un’inchiesta segretata e appena agli inizi, tutta da chiarire nei suoi reali contorni, che finisce subito in prima pagina e trascina con sé un fiume di interviste a ragazze in cerca di notorietà e di qualche soldo facile. E che ottiene l’effetto, analogo a quello di due mesi fa con il caso di Noemi Letizia, di screditare drammaticamente l’immagine di Silvio Berlusconi. Perché dev’essere chiaro: in queste campagne di stampa non sono coinvolti profili di reato, il premier non è indagato né a Bari né da altre procure. Tutto ruota attorno alla sua immagine, la personalità, l’adeguatezza o no al ruolo.

Lasciamo stare la teoria del complotto. E lasciamo stare anche le considerazioni sulla strategia del premier: se deve chiarire, tacere, tirare dritto, fare “mea culpa”, affidarsi a consiglieri come l’avvocato Ghedini e le sue teorie dell’«utilizzatore finale», oppure aspettare che passi anche questa buriana. Il gioco più duro è decidere se il signor Berlusconi Silvio merita il voto di oggi ai ballottaggi oppure no. Se vale la pena dare fiducia a un politico dai comportamenti così spensierati. Che – detto per inciso – forse sono costati a Mario Mauro qualche chance in più verso la presidenza del Parlamento europeo, ormai sfumata.

Gli italiani sembrano indulgenti con il presidente del consiglio, le sue faccende di letto pare interessino molto più i giornali che la gente normale. Ma non è soltanto questione di dire: non m’importa cosa Berlusconi faccia sotto le lenzuola. È il momento di dire se è giusto o no trasformarsi in Torquemada e votare in base al comportamento morale altrui. Se  è ragionevole o no pensare che la questione morale nasce dal cinismo degli adulti e dall’appiattimento del desiderio dei giovani. Se ha un senso che i criteri del voto devono essere la devozione al bene comune e la competenza reale. Su questo vanno misurati Silvio Berlusconi e i suoi candidati, su questo si deve interrogare un elettore. La tensione di queste settimane rende ancora più urgente una risposta convinta e ragionevole, perché la vera posta in gioco è a questo livello.

C’è un altro aspetto. In un paese laico la questione non è il rapporto tra Berlusconi e i valori cattolici, ma se è un buon presidente del consiglio oppure no. In questo senso, le amicizie femminili di Berlusconi fanno fare un salto all’Italia. Solo da noi un leader politico viene così maltrattato per la sua vita privata, come già capitò per esempio a Craxi e Leone. Che paradosso: un tempo gli anticlericali invocavano la laicità mentre oggi sono i nuovi pontefici del clericalismo.

A lungo il presidente francese Mitterrand ricevette le sue amanti nel palazzo in cui la moglie Danielle viveva con un altro senza che Oltralpe ci si scandalizzasse. È comprensibile che i comportamenti del Cavaliere offendano chi è legato ai valori tradizionali, che pure sarebbe bene rispettare. Ma che tristezza difendere i valori o le regole della cultura e dell’etica cristiana senza il bisogno di parlare del loro fondamento.