Com’era prevedibile, il cambio di direttori al Giornale e Libero ha fatto scintille. Belpietro è saltato sulle (ancora presunte) evasioni fiscali dell’avvocato Agnelli, Feltri ha risposto con una campagna sui guai vecchi e nuovi di Carlo De Benedetti (editore della nemica Repubblica), poi ha messo a segno il provvisorio 2-1 con l’affondo su Dino Boffo. La notizia del patteggiamento per molestie del direttore dell’Avvenire tiene banco da giorni, è diventata l’argomento politico-giornalistico del momento, ha avviato una polemica che non accenna a placarsi. L’effetto in edicola si è sentito (l’aumento delle vendite è la cosa che più galvanizza Feltri) e sul tavolo del direttore del Giornale si accumulano pacchi di lettere e mail di solidarietà.

Una sfida all’ultima copia tra giornali di centrodestra non si era ancora vista in Italia. Quando Feltri aveva fondato Libero, portava con sé un patrimonio di fedelissimi lettori che avrebbero comprato qualsiasi foglio portasse la sua firma. Questa pattuglia con gli anni è diventata un battaglione agguerrito, che apprezzava molto un quotidiano di destra corsaro, non appiattito su Berlusconi (quale era il Giornale), con firme varie, che lanciava dibattiti e provocazioni e poteva anche permettersi di criticare il leader del Pdl. Cosa impossibile al foglio fondato da Montanelli: qualcuno ha mai letto sulla Stampa un’ombra di dubbio sulla Fiat, fosse pure sulla Duna?

Il Libero di Feltri sottraeva lettori al Giornale di Belpietro ma in silenzio, copia dopo copia, edicola per edicola, e lo faceva collocandosi nella stessa area politica ma sottraendosi (almeno questa era l’impressione) alla zona d’influenza berlusconiana. Ora il Giornale di Feltri punta apertamente a riconquistare i lettori che aveva dieci anni fa mostrando indipendenza dal fratello del proprio editore (utilissimo, al riguardo, lo scontro tutto mediatico sul caso Boffo), mentre il Libero di Belpietro rilancia arruolando un giornalista come Franco Bechis, cacciatore di notizie come pochi, strappandolo a peso d’oro proprio al Giornale con cui Bechis aveva appena raggiunto un accordo verbale. Al momento, comunque, Libero sembra reggere discretamente il confronto in edicola.

Per la verità, nel centrodestra la parola «concorrenza» è piuttosto rara. Leader unico, partito unico: nessuno finora è riuscito a mettersi in competizione reale con il Cavaliere, padrone incontrastato del campo in quanto impareggiabile calamita di voti e popolarità. Le sgomitate tra i due cavalli di razza Feltri e Belpietro sono un segnale che qualcosa sta cambiando. Non è un caso che proprio in concomitanza della girandola di direttori (e dei relativi commentatori di fiducia) siano tornate a galla le chiacchiere su nuove cordate industrial-bancarie che preparerebbero l’alternativa al Cavaliere. E si sussurra che, tra gli istituti di credito interessati a questi nuovi scenari, qualcuno stia sostenendo il rilancio di Libero. Fra qualche settimana, quando la Corte costituzionale si pronuncerà sul lodo Alfano, vedremo se la fronda anti Berlusconi troverà sostegno o si indebolirà.