Il lungo articolo di Antonio Socci su Libero di venerdì scorso apre nuovi orizzonti per capire che cosa si muove attorno all’uomo più enigmatico del centrodestra, Gianfranco Fini. Dice Socci in sintesi: non c’è soltanto il fronte degli intellettuali sessantottin-ghibellini (area Mieli-Galli della Loggia) dietro la svolta dell’ex delfino di Giorgio Almirante, alla perenne ricerca di legittimazione tra i poteri forti e prigioniero di un vuoto culturale, ma anche un’intraprendente fetta di Chiesa. L’obiettivo è comune: proporre un’alternativa a Silvio Berlusconi. Ecco le polemiche sull’unità d’Italia e sulla mancanza di uno spirito nazionale, ispirate da Mieli e alimentate da Galli della Loggia su quel Corriere che – guarda caso – pubblica a puntate gli interrogatori di Giampaolo Tarantini sul premier e le escort.
Ma questo circolo intellettuale fa di più, secondo Socci: non solo scredita Berlusconi, non solo spinge Fini ad allontanarsene costruendogli attorno un’impalcatura culturale, ma addirittura approfitta dell’uscita di scena di Dino Boffo, stratega occulto del progetto culturale del cardinale Ruini, per stringere un legame con la linea anti-ruiniana espressa ripetutamente dal direttore dell’Osservatore romano. Il trait-d’union sarebbe Lucetta Scaraffia, firma di punta del nuovo corso dell’Osservatore in tema di bioetica e “valori non negoziabili”, nonché moglie di Galli della Loggia. Così il cerchio sarebbe chiuso.
Quanto le rigide posizioni della Scaraffia saranno compatibili con l’altrettanto ostinato laicismo di Fini, è tutto da vedere. Ed è discutibile anche il ritrito luogo comune di rappresentare la Chiesa italiana come un teatro di guerra tra ruiniani e bertoniani dove però “c’è una certezza: Benedetto XVI che non si fa influenzare e il cui magistero è sempre più luminoso”. Un Papa immerso in celesti pensieri che lascia i suoi a scannarsi.
Tuttavia questo “disegno ambizioso e probabilmente velleitario” delineato da Socci è interessante perché ipotizza che non si agiti soltanto una parte dell’intellighenzia laica nel tentativo di creare attorno a Fini “il retroterra ideologico di un nuovo centrodestra post-berlusconiano”. Vedremo come si evolverà il rapporto tra Berlusconi e Chiesa italiana dopo l’approvazione della legge sul testamento biologico o di altri provvedimenti cui la gerarchia vaticana è assai sensibile.
Dalla sua, Berlusconi ha un fattore che Fini, Galli, Mieli, Montezemolo, Casini, il “Corsera”, le banche, Socci e tutti gli altri farebbero bene a non sottovalutare: i voti. La popolarità del Cavaliere è stata appena intaccata, e neppure lontanamente incrinata, dalle polemiche sulle sue scorribande sessuali. E una forza popolare come la Lega Nord, nell’ormai stanco rituale dei tre giorni lungo il Po, di fronte all’alternativa Berlusconi-Fini non ha avuto esitazioni a schierarsi con il Cavaliere.
Certo, Bossi non si mette al livello degli intellettuali-strateghi, parla il linguaggio della gente e se gli domandi un giudizio sul voto agli immigrati ti risponde: «Fini è libero di suicidarsi come vuole». E tanti saluti. Il che conferma che tra gli elettori del centrodestra il sentire più diffuso è che Fini vada in cerca di guai. E che i suoi autorevoli ispiratori potrebbero fare la fine del 2005, quando vollero il referendum sulla fecondazione assistita e la presero nei denti.