La prima festa nazionale del Pdl si è chiusa ieri sera al Palalido di Milano con dieci minuti di applausi a Silvio Berlusconi. Basterebbe l’applausometro per stabilire chi ha in mano il Pdl e chi no nonostante cerchi di metterci le mani sopra, cioè Gianfranco Fini. Le ultime speranze di accreditarsi come il delfino del Cavaliere, sempre che ne nutrisse ancora, l’ex leader di An le ha bruciate sabato mostrandosi distante dalla sua gente, freddo, distaccato. Un marziano appena sbarcato sulla terra, un pesce d’acqua dolce in mare, un calciatore che gioca sempre fuori casa.
Se qualcosa ha detto questa Festa della Libertà, è che Fini si sta tagliando fuori da solo nel Pdl. Prendiamo la polemica sulla cittadinanza agli stranieri. Il presidente della Camera ha spiegato la sua proposta in lungo e in largo, senza possibilità di essere equivocato, ed è stato contestato dal pubblico e da Giulio Tremonti, che non è l’ultimo ministro del governo. Gli altri big del partito hanno preso le distanze, compresi gli ex di Alleanza nazionale con l’unico parziale distinguo di La Russa.
Al termine Fini se la cava dicendo che l’obiettivo è «aprire un dibattito». E fai tutto questo can-can per aprire un dibattito? In realtà l’ex erede di Almirante sta giocando una partita tutta sua e in gran parte estranea al Pdl.
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Poche ore prima di parlare al Palalido, Fini partecipava a un dibattito con D’Alema in cui ha sparato a zero contro i partiti «senza democrazia», «cartelli elettorali», «luoghi di propaganda». E alla festa del Pdl non ha sprecato una parola che fosse una per difendere il governo e la sua maggioranza. Anzi, ha ironizzato su chi lo considera di sinistra e ha definito «risibili» le obiezioni di Bossi nel dibattito sulla cittadinanza.
Berlusconi non ha calcato la mano su questi problemi durante il comizio. Ha però detto che in un partito si discute, poi si vota e ci si allinea alla volontà della maggioranza. Un richiamo all’ordine per Fini: ricordati che nel Pdl tu non hai i numeri per fare nulla. E poi ha ricordato che il patto con la Lega non si tocca.
Anche se il processo di integrazione tra An e Forza Italia richiederà ancora tempo, la festa del Palalido dice che il partito è saldissimamente nelle mani di Berlusconi e che i luogotenenti di Fini (da La Russa a Gasparri a Matteoli) sono ormai più vicini al premier che al loro ex leader. Dice anche di uno spessore culturale ancora sottile: i dibattiti hanno avuto come unici protagonisti politici e amministratori locali, nemmeno l’ombra di personalità del mondo della cultura (l’annunciato professor Ernesto Galli della Loggia ha dato buca giovedì), del sociale, delle professioni.