«Chiedetelo alla zingara». Nella sua Treviso, il ministro Maurizio Sacconi evoca impenetrabili sfere di cristallo con i giornalisti che gli chiedono una previsione sul voto di fiducia al governo del 14 dicembre. Meglio tenere un profilo basso, anzi bassissimo, in attesa di eventi: nelle prossime due settimane può ancora succedere di tutto.

È la stessa prudenza che pervade l’azione dell’interno governo. Questa mattina in consiglio dei ministri doveva approdare la riforma della giustizia messa a punto dal guardasigilli Angelino Alfano. Ma l’argomento è stato tolto dall’ordine del giorno.

Ufficialmente la maggioranza preferisce evitare che un tema così delicato venga affrontato mentre il premier è all’estero (Libia, Kazakhstan, Russia). In realtà la riforma viene rinviata a dopo il 14 dicembre. E lo slittamento è dovuto alla necessità di non appesantire l’agenda del confronto con i parlamentari in bilico tra Pdl e Fli. La giustizia è il nodo-chiave del rapporto con Gianfranco Fini. I guerriglieri del presidente della Camera in questi giorni si sono sbizzarriti a mandare sotto il governo in votazioni poco significative, e Berlusconi ha messo nel conto questi agguati che nuocciono all’immagine ma non alla sostanza.

Ben diverso è il peso che avrebbe un confronto su separazione delle carriere e riduzione dei tempi dei processi. Ma nella decisione della coppia Berlusconi-Alfano potrebbe essersi aggiunta un’ulteriore preoccupazione: quella di non irritare troppo le toghe prima che la Corte costituzionale si pronunci sul legittimo impedimento.

La circospezione del governo conferma che, dietro le quinte, continua a muoversi la pattuglia dei «pontieri». Silvano Moffa, uno delle «colombe» finiane, ha detto ieri apertamente che «dentro Fli sbagliano». Lo spunto sono gli sbandamenti del gruppo sulla riforma dell’università, approvata senza riserve in commissione, poi smentita dai «falchi» come l’ex radicale Della Vedova volati sui tetti degli atenei per solidarizzare con le proteste dei ricercatori, il che ha costretto Fini a correggere nuovamente il tiro annunciando che Fli voterà a favore in aula. Moffa se la prende anche con i goliardi di Generazione Italia e la loro lettera-beffa contro Bossi e il governo. «Non è il momento di scherzare», dice Moffa lasciando intendere un’ampia disponibilità al confronto in vista della fiducia.

Gli fa eco il ministro Roberto Calderoli che a Repubblica dice: «La Lega sta lavorando per il patto in extremis». La mediazione con Fini «non è mai stata interrotta, anzi prosegue anche in queste ore. Mai dire mai».

Dunque si lavora, Fini dovrebbe smettere di chiedere le dimissioni e Berlusconi rendersi disponibile a una trattativa. Finora i due sono rimasti irremovibili, ma in queste trattative i passi si fanno contemporaneamente. E se i finiani si divertono a votare con l’opposizione, è altrettanto vero che sulle questioni che contano (come nella riforma universitaria) non hanno fatto mancare l’appoggio.