Fossimo sicuri di azzeccare ogni previsione, avremmo già sbancato il totocalcio e il superenalotto, e oggi non saremmo qui a fare calcoli su uno zero virgola in più o in meno per Berlusconi, Bossi o Bersani. Ma la vigilia del voto per le regionali è come il sabato del fantacalcio, tutti al Bar Sport a mettere le pedine al posto giusto.
Dunque sediamoci alla buvette delle regionali davanti a una gazzosa e prepariamoci a una serata come quelle di una volta: non la partita su Sky, ma finalmente l’agognato ritorno di Bruno Vespa in prima serata Rai.
La crisi di astinenza da salotto finto buono è al colmo e l’antidoto è vicino. La nottata di lunedì davanti a «Porta a porta» con l’accavallarsi dei risultati elettorali, i politici che prima si negano alle telecamere e poi si accalcano, i sondaggisti che celebrano la loro mezz’ora di gloria o di disonore. E la par condicio che torna a cuccia.
Vediamo allora qual è lo stato di salute delle squadre in campo. Quella messa meglio ha la casacca verde della Lega Nord: è praticamente certo il sorpasso sul Pdl in Veneto e assai probabile un consistente aumento di voti in tutto il Nord e nelle regioni rosse, soprattutto Emilia e Toscana. Il Carroccio raccoglie i frutti di una politica fatta di pochi proclami e di una assidua presenza sul territorio, l’esatto opposto delle ultime «performance» di Silvio Berlusconi.
Il Pdl negli ultimi mesi è apparso nervoso, diviso all’interno e incerto sulle strategie future; certe candidature sono state scelte in maniera discutibile e il caos della presentazione delle liste non si è spento nella mente degli elettori, anche se gli ultimi comizi del premier sono riusciti a spostare l’attenzione su altre questioni (in particolare sulla «persecuzione giudiziaria», nulla sul versante fisco-federalismo che pure prometteva bene). Tuttavia Berlusconi non ha sfoderato il colpo a sorpresa, tipo l’abolizione dell’Ici di due anni fa. Segnale di appannamento.
Il Pd è la compagine dal comportamento più prevedibile, ormai sembra diventata la classica squadra che naviga a centroclassifica, abbonata ai pareggi o alle vittorie di misura, lontana dai guizzi che potrebbero portarla in zona scudetto.
Date per perse Campania e Calabria, Pierluigi Bersani si prepara comunque a sostenere che il vero vincitore sarà il centrosinistra, perché alla fine con tutta probabilità i suoi bravi 7 governatori (sui 13 in palio) li porterà a casa: Liguria, Emilia, Toscana, Umbria, Marche, Basilicata, Puglia, regione quest’ultima dove l’eventuale vittoria sarà merito di un autogol dell’avversario (se il Pdl avesse fatto l’accordo con l’Udc si sarebbe visto un altro match).
Le partite «vere» si giocheranno in Piemonte e Lazio, tra le coppie Bresso-Cota e Bonino-Polverini. Tre donne agguerrite, nessuna del Pdl.
Qui si misurerà la vera forza del partito del premier che ha fatto una campagna elettorale debole perché a lungo assorbito nei corridoi dei tribunali per presentare le liste; in più Berlusconi è sceso in campo affaticato dagli attacchi dell’ultimo anno (le escort, le intercettazioni, le ultime incertezze di Trani e della par condicio).
Lo spogliatoio non è nelle migliori condizioni, con Fini che si ostina ad assomigliare a Balotelli, Tremonti che preferisce tenere le energie migliori per il dopo-voto, e un vivaio locale che appare lacerato e litigioso.
Su tutto ciò regna una colossale incognita, ed è quella della partecipazione. L’astensionismo si preannuncia elevato, segno di disaffezione e noia. Al Nord e al Centro gli scontenti di destra e sinistra potrebbero riversare sulla Lega i loro consensi, al Sud la dispersione sarà maggiore. Questo il nostro «fanta-voto». Chi è disposto a scommettere qualcosa?