Si respira un’aria strana a Mantova, a pochi giorni dalla rivoluzione delle elezioni comunali: dopo 65 anni la città di Virgilio e dei Gonzaga ha infatti abbandonato la sinistra, consegnando la fascia tricolore all’architetto Nicola Sodano, del Popolo della Libertà.
Per la sinistra è una piccola tragedia, paragonabile alla “caduta di Bologna” del ’99, che vide la vittoria di Giorgio Guazzaloca. Cade una roccaforte rossa, ma anche l’ultimo presidio della sinistra in Lombardia, a un anno dalle provinciali e a pochi giorni dal risultato delle regionali che, in pratica, ha spazzato via il centrosinistra dal Nord.
Non è servita, alla vigilia del ballottaggio, la tardiva discesa in campo di Bersani e D’Alema (era previsto anche Fassino, ma, contrariamente a quanto si legge sui giornali, non si è visto, bloccato da un’influenza primaverile). Qualcuno in città dice addirittura che questa toccata e fuga abbia solo confermato la paura del tracollo e abbia indispettito i mantovani, poco inclini a facili entusiasmi. Di certo non ha scosso la base e non è riuscita a far tornare la voglia di votare il sindaco uscente, Fiorenza Brioni.
Alla Lunetta, quartiere dormitorio fin dagli anni Sessanta e satellite periferico della “città rossa”, lunedì non ci sono stati i caroselli dei leghisti e dei pidiellini, ma nemmeno le campane a morto e le bandiere con la falce e martello a mezz’asta. La gente continua, come prima, ad affrontare le sfide di ogni giorno e sembra lontana dalle vecchie appartenenze ideologiche di qualche decennio fa.
Secondo Fabio Grossi, operaio nel settore edile, 58 anni e tre figli ormai grandi, è «proprio in quartieri come questo che la sinistra da anni costruisce la sua sconfitta». Ha il tono di chi la politica la vive in prima persona da tempo, nonostante una crescente disaffezione: «A casa conservo ancora le tessere del Pci, dei Ds e quella del Partito Democratico, ma, nonostante la simpatia umana, questa volta non ce l’ho fatta a votare per il partito di Bersani. Al segretario però un consiglio glielo do: se pensava di salvare Mantova con il porta a porta di settimana scorsa si è sbagliato di grosso. Secondo me gli farebbe bene, invece, tornare adesso, a Lunetta, non tanto per inseguire la Lega o per far credere che la sinistra abbia perso la puzza sotto il naso. Dovrebbe venire con i suoi collaboratori per studiare e tirar fuori nuove idee».
Ad esempio su quale tema? «Servono risposte nuove a sinistra per chi, come me, negli anni ha riscattato con fatica la casa, nella periferia della sua città e oggi vive in un quartiere con molti extracomunitari, abbandonato a se stesso dall’amministrazione di sinistra. Pensi che il verde urbano ce lo curiamo da soli, senza aspettare inutilmente che venga qualcuno dal Comune. La sinistra sarà ormai vittima della propria ipocrisia, ma è inaccettabile che, anche quando governa, si dimentichi di chi abita fuori dal centro».
È in posti come questo che la Lega Nord sorpassa a sinistra il Partito Democratico? «Certo e la cosa mi riguarda in prima persona. Molti dei vecchi compagni sanno che questa volta ho votato Lega, anche se non andrò mai in giro con il fazzoletto verde. Non stupiamoci più di tanto però, perché non sono il solo e qualcuno, anche se di nascosto, mi ha confidato di aver votato addirittura Berlusconi».
In che modo dovrà cambiare la sinistra per riprendere il voto di chi come lei è rimasto deluso? «Innanzitutto parlare di sicurezza non dovrebbe essere più un tabù, né un’esclusiva della destra. Pensare alla classi più povere vuol dire nel concreto rendere le città più vivibili ed evitare di confinare nel ghetto immigrati e famiglie di operai. Se invece parliamo di Mantova, era chiaro un po’ a tutti che sarebbe finita in questo modo».
A cosa si riferisce? «La Brioni (il sindaco uscente ndr) ha praticamente bloccato lo sviluppo della città, ha fatto chiudere cantieri su cantieri mandando in rovina imprese e lavoratori, dimostrando nei fatti poca intelligenza e attenzione verso chi lavora. In questi anni si è preoccupata soltanto di attività culturali di nicchia, in un centro chiuso e irraggiungibile, dimenticandosi totalmente delle periferie».
Come potrà fermare l’emorragia di voti al Nord la sinistra secondo lei? «La risposta secondo me è più semplice di quello che sembra. Dovrebbe smettere di fare la guerra al Nord». Cioè? «Come si può pensare che i piccoli imprenditori e i lavoratori diano il proprio voto a chi in televisione li dipinge come una massa di ignoranti, evasori e razzisti? La gente poi perde la pazienza, si sente da un lato abbandonata e dall’altro mortificata e insultata».
La sinistra ha qualcosa da imparare dalla Lega Nord secondo lei? «Secondo me non deve copiare il modello Lega, deve provare a batterla sulle risposte. Il problema non è tanto il tornare o non tornare nelle piazze e nei mercati, come si sta dicendo, il punto è che si parli la stessa lingua. Secondo me o fanno qualcosa in questo senso o perderanno presto anche in Emilia Romagna. Sa perché io e mia moglie abbiamo deciso di votare a destra? Perché non vogliamo arrenderci all’idea che da questo quartiere prima o poi bisognerà scappare e perché vogliamo che diventi un posto dove poter vivere e lavorare. Non ci sembra di chiedere troppo».