Come nelle partite di bocce, un gioco popolare che piace molto ai leghisti trionfatori delle regionali, il pallino è in mano a chi ha vinto la manche precedente. Tocca dunque a Lega e Berlusconi fare la prima mossa a urne chiuse.

E proprio Bossi ieri sera (accompagnato tra gli altri dal figlio Renzo «la trota», neo consigliere regionale lombardo) è andato a cena ad Arcore per fare un po’ di chiarezza sull’agenda del governo. Il tema della serata sono state le riforme. Si trattava di stabilire quali e come, vista l’elasticità dell’argomento.

Alla Lega interessa incidere sulle istituzioni, mentre il premier punta su fisco e giustizia. Il Carroccio ha vincolato l’alleanza con Berlusconi all’introduzione del federalismo, e finora la scommessa è vincente. Il federalismo fiscale è legge, i primi decreti attuativi (sul trasferimento dei beni demaniali dallo stato agli enti locali) sono prossimi all’approvazione; si tratta di premere in due direzioni: da un lato, accelerare l’attuazione degli altri capitoli toccati dal federalismo fiscale, a cominciare dal minore gettito tributario versato a Roma; dall’altra, estendere la ventata riformatrice ad altre istituzioni.

La Lega ne ha titolo perché è il partito con il vento in poppa e gestisce i ministeri «giusti»: Bossi è titolare delle Riforme, Calderoli della Semplificazione normativa. Viceversa, Berlusconi pensa a quella che i sondaggi indicano come la «riforma delle riforme» (il fisco) e al suo sogno proibito, la giustizia. I piani dei leghisti e del Pdl non si ostacolano tra loro (Berlusconi non porrebbe pregiudiziali sulle modifiche istituzionali purché garantiscano maggiore forza all’esecutivo), e anche per questo ieri mattina intervistato dal Corriere il ministro Roberto Maroni ha chiesto per il suo partito l’incarico di «formulare una proposta di grande riforma della Costituzione», cioè una sorta di ruolo di regia delle modifiche istituzionali.

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In cambio dal Carroccio potrebbe arrivare un sostanziale via libera alle materie che stanno più a cuore al Cavaliere. Di questo si è parlato alla cena di ieri sera, oltre che del nuovo ministro dell’Agricoltura dopo l’elezione di Luca Zaia a governatore veneto.

Bossi tiene duro su un suo nome, ma sono schermaglie: ha avuto due presidenti di regione, cederà il dicastero a Galan. Da questo scenario spicca l’assenza della componente pidiellina che fa capo a Gianfranco Fini. Non a caso, ieri la solita fondazione Farefuturo ha alzato un fuoco di sbarramento verso la Lega e la fetta del Pdl «che rischia di essere trascinato dal suo alleato minore».

Berlusconi dovrà pure decidersi a sciogliere il nodo-Fini, molto più destabilizzante per il Pdl che non l’alleanza con i padani. Il riavvicinamento potrebbe avvenire sul terreno delle riforme istituzionali, con una forma di governo semipresidenzialista che non dispiace al presidente della Camera. Ieri sera a tavola con i leghisti c’era anche il coordinatore «aennino» La Russa.

Intanto va registrato il fatto che Berlusconi aveva promesso che subito dopo Pasqua avrebbe visto sia Bossi sia Fini. Ieri sera è stato il turno del Senatùr, mentre l’appuntamento con l’inquilino di Montecitorio non ha ancora una data. Indovina indovinello: quale dei due è l’alleato preferito dal Cavaliere?