Marcello Dell’Utri non risponde ai pm, che hanno inviato un avviso di garanzia anche al sottosegretario Giacomo Caliendo; ma soprattutto la mossa di Bankitalia che ha chiesto di commissariare per «gravi irregolarità» la banca dalla quale si è appena dimesso il coordinatore pdl Denis Verdini. Questi gli sviluppi di ieri dell’inchiesta sulla cosiddetta P3.
Sul fronte politico, una giornata di silenzio: ha taciuto Gianfranco Fini dopo la sparata (pallottole metaforiche ma non meno letali) di lunedì contro gli indagati del Pdl che dovrebbero abbandonare le cariche nel partito, e la successiva nota in cui Berlusconi assicurava che non avrebbe commentato.
La virata decisamente giustizialista di Fini è destinata a lasciare il segno nei rapporti con il premier, oltre che a scatenare i cronisti alla ricerca di persone indagate a vario titolo nella cerchia familiare e politica del presidente della Camera. Ma Berlusconi non rompe ancora. Difficile pensare che ipotizzi ancora una ricucitura; più probabile che lasci a Fini la responsabilità dello strappo. Ma in mancanza di una sponda sicura dalle parti dell’Udc, il Cavaliere non si può permettere una rottura traumatica con il co-fondatore del partito.
Sarà importante l’esito del voto sui nuovi otto membri «laici», cioè eletti dalla politica, del Consiglio superiore della magistratura. Fini e Schifani hanno annunciato ai parlamentari i lavori forzati, anche di notte se necessario, per completare le nomine dell’organo di autogoverno dei giudici. E Berlusconi ha bisogno come l’aria di piazzarvi qualche testa di ponte e magari di sostituire il vicepresidente Nicola Mancino con una personalità meno ostile, naturalmente in accordo con Napolitano e Fini. Per questo è disposto a passare sopra anche alle ultime sciabolate dell’ex delfino di Almirante e agli scoppi di Granata.
Ma per Berlusconi è fondamentale capire la reale portata delle ultime inchieste in corso. A Carboni e Dell’Utri è contestato il solo reato associativo, mentre per Verdini c’è anche l’ipotesi della corruzione e ora il sospetto di manovre bancarie poco chiare. Il governo ha già perso due ministri e un sottosegretario sotto il peso della campagna mediatica e il martellamento dei finiani. Berlusconi ricorda i democristiani nelle prime fasi di Tangentopoli: resistere e negare.
Il tempo ha restituito loro gran parte della ragione, perché Mani pulite si è esaurita con pochissime condanne rispetto al polverone sollevato, enorme e devastante; ma nell’attesa di avere ragione, quella generazione di politici era stata cancellata. Il timore del Cavaliere è che la storia si ripeta, con inchieste giudiziarie che spazzano via il suo partito (risparmiando Fini) con accuse che, a distanza di anni, potrebbero rivelarsi poco consistenti.