Il vertice di oggi in cui il Pdl metterà a punto il programma per il resto della legislatura e ipotizzerà la ristrutturazione interna del partito è un appuntamento cruciale di questa stagione della politica italiana. I punti chiave del nuovo patto con il Parlamento sono noti: giustizia, federalismo, fisco, sud.

È noto anche che Silvio Berlusconi ha intenzione di porre la fiducia sul pacchetto di proposte, in modo da costringere la pattuglia dei «44 gatti» (33 alla Camera, 11 al Senato) fedeli a Gianfranco Fini a schierarsi dalla parte del governo senza troppe distinzioni. Un’uscita allo scoperto che lascerebbe pochi margini alla tattica del logoramento.

Non si conosce (ma ormai è questione di ore) il contenuto specifico dei punti programmatici. Il più controverso è quello della giustizia, dove restano in sospeso i provvedimenti sulle intercettazioni e un’eventuale riedizione dello «scudo» a difesa delle più alte cariche dello stato, in quanto la normativa in vigore è a rischio incostituzionalità. Anche la riforma del «processo breve» è una questione che potrebbe approfondire il solco con i finiani, mentre si sussurra che Berlusconi nel discorso alle Camere potrebbe denunciare l’uso politico che taluni magistrati farebbero delle inchieste.

Meno problematico è il tema del federalismo, che già ha fatto importanti passi avanti negli ultimi mesi ma deve ancora compiere una serie di passaggi parlamentari dove il voto di Futuro e Libertà è determinante. A questo si affianca la nuova normativa per utilizzare in modo più efficiente i fondi comunitari destinati alle regioni del Mezzogiorno, questione molto delicata perché al Sud il Pdl non può contare sui voti leghisti laddove i finiani di Bocchino e gli autonomisti di Lombardo sono ben attrezzati.

Infine il fisco. Il «non mettere le mani nelle tasche degli italiani» è uno dei capisaldi irrinunciabili del Cavaliere. Dopo la vittoria alle regionali, il premier aveva annunciato che avrebbe immediatamente messo mano alla riforma, indispensabile per rilanciare la crescita della produzione industriale e i consumi delle famiglie: sono passati sei mesi e soltanto oggi se ne conosceranno gli orientamenti di fondo.

Alla vigilia del vertice, sono dunque numerose le incognite. Si ignora perfino se il pacchetto da varare sarà oggetto di trattative e messe a punto con i finiani, oppure, più probabilmente, verrà servito loro a scatola chiusa. A metà legislatura, la ripresa e il rilancio dell’azione di governo – sia pure sotto la pressione della scissione interna – è un fatto positivo per la maggioranza. Resta tuttavia da capire il vero intento di questa verifica, che dovrebbe approdare in Parlamento a metà settembre.

Ed è proprio questa l’alternativa più importante su cui occorre che sia fatta chiarezza nel vertice di oggi a Palazzo Grazioli. Se cioè il centrodestra italiano ha davvero la voglia, la passione, l’energia e l’ambizione per ricompattare l’alleanza, fare le riforme per il bene comune e arrivare alla fine della legislatura. Oppure se il vertice di oggi è semplicemente un’altra tappa nella strategia del logoramento di Fini e dei suoi, un nuovo modo per tenere i dissidenti sulla corda, se non addirittura un punto di non ritorno per accelerare il percorso verso le elezioni anticipate, che ieri Umberto Bossi ha auspicato di svolgere entro i primi di dicembre.