Lo chiameranno «gruppo parlamentare di responsabilità nazionale», echeggia alla lontana quella «solidarietà nazionale» voluta da Aldo Moro ed Enrico Berlinguer a metà degli Anni 70: un nome che evoca situazioni di emergenza, ovviamente nazionale. Il capogruppo sarà il segretario del partito repubblicano, il calabrese Francesco Nucara: e anche il riaffacciarsi sulla scena del Pri ci riporta indietro di parecchi anni nella storia della politica italiana, almeno a prima di Tangentopoli.
L’annuncio è stato dato al termine di un lungo incontro tra lo stesso Nucara e Silvio Berlusconi. A fine mese, a ridosso del discorso dei «cinque punti» del premier che dovrebbe rilanciare il governo e stabilizzare la maggioranza, questo nuovo drappello di deputati dovrebbe coagularsi, forte di 20 componenti (il minimo per costituire un soggetto autonomo dal gruppo misto) in grado di garantire all’esecutivo una maggioranza anche senza i finiani. I nucariani si aggiungerebbero ai 237 onorevoli del Pdl e ai 59 della Lega Nord assicurando la soglia di 316 (metà dei 630 deputati più 1) che affrancherebbe Berlusconi da Futuro e libertà.
Gli unici nomi conosciuti sono quelli del sottosegretario Enzo Scotti (ex ministro Dc, altro sopravvissuto della prima repubblica) con i suoi cinque deputati, più i due repubblicani e tre liberaldemocratici, tutti attualmente del gruppo misto. Gli altri dieci, secondo Nucara, «è gente che non ha votato la fiducia»: dunque né fuoriusciti dal Pdl né delusi da Fini. Non ci dovrebbero essere sbarchi nel Pdl, formalmente non si potrà parlare di campagna acquisti. Nucara stesso ha garantito che Berlusconi non gli ha promesso nulla: «Sono suo amico da 10 anni, gli devo tutto, senza di lui il Pri oggi non esisterebbe e per un calabrese come me la gratitudine è ancora un valore».
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Tuttavia, secondo il regolamento della Camera, un gruppo parlamentare autonomo ha diritto a soldi, portaborse e rappresentanza nelle commissioni. Proprio a inizio ottobre a Montecitorio è in calendario un profondo rinnovamento delle commissioni (membri e presidenti) ed è probabile che in quella sede i neonati «nazional-responsabili» otterranno adeguata visibilità. A meno che non entri in gioco anche il posto ancora vacante di ministro dello Sviluppo economico.
Dunque, la strategia berlusconiana di reclutare una «legione straniera» in appoggio al governo sembra essere la più efficace tra tutte le ipotesi messe in campo in queste settimane. Vedremo se andrà in porto: nei prossimi 15 giorni, prima delle comunicazioni del premier, potrebbero avvenire altri colpi di scena. Ma la stabilizzazione del governo attraverso i rinforzi esterni, che pure avrebbe il grande merito di evitare all’Italia le elezioni anticipate in un momento assai delicato, paga un prezzo elevato.
Berlusconi, «uomo nuovo» della politica, per completare il mandato ricevuto dagli elettori è costretto a ricorrere a personaggi, stratagemmi e scenari da prima repubblica. Non è un danno grave come la caduta del governo, ma rappresenta l’involuzione che sta subendo la politica italiana. Sempre che Fini digerisca senza batter ciglio il boccone amaro di una mossa che potrebbe emarginarlo più dell’espulsione dal Pdl.