Un attacco finale. Uno spiegamento di forze senza precedenti. Non una normale indagine giudiziaria ma un’attività di spionaggio scientificamente pianificata, con l’uso di tecniche investigative con pochi precedenti e finora limitate a casi di enorme gravità e altissimo allarme sociale come le stragi di mafia. Sono queste le accuse dietro le quali si trincera Silvio Berlusconi nel Ruby-gate. Forte di questi argomenti, il premier giudica inopportuno presentarsi davanti a magistrati ai quali riconosce un’unica intenzione, quella di distruggerlo.
L’aula di giustizia non dovrebbe essere evitata da nessun indagato che voglia dimostrare la propria innocenza. Tuttavia lo spiegamento di forze messo in campo dalla procura di Milano è davvero massiccio. Dagli atti risulta che in meno di sei mesi gli uomini del Servizio centrale operativo (Sco) hanno eseguito poco meno di 100mila intercettazioni tra telefonate e sms (27mila di Lele Mora, 14.500 del consigliere regionale lombardo Nicole Minetti, un migliaio di Emilio Fede e 3.500 del suo autista): in media 600 intercettazioni al giorno, con migliaia di ore di registrazioni – molte ancora non sbobinate – e decine di operatori coinvolti.
Questi dati si evincono dai numeri progressivi che identificano le conversazioni trascritte nelle 389 pagine allegate all’autorizzazione a perquisire gli uffici milanesi di Berlusconi. Tale lavoro, già di per sé colossale, è limitato alla trentina di personaggi tenuti sotto controllo di cui si parla in quegli atti; ma costoro sono appena una parte dei soggetti «attenzionati» ed è quindi probabile che la mole complessiva di intercettazioni sia molto maggiore.
Altrettanto impegnativo è stato il monitoraggio delle «celle» telefoniche (cioè le aree coperte dalle antenne dei diversi operatori mobili) per localizzare i cellulari degli individui sotto controllo e ricostruirne gli spostamenti passo dopo passo. Particolare attenzione è stata dedicata a esaminare la cella di Arcore a partire dal gennaio 2010, con conseguente intrusione nella privacy di numerose persone estranee alla vicenda giudiziaria.
La Procura di Milano ha disposto 28 interrogatori, oltre a decine di sequestri di beni, indagini bancarie e postali, pedinamenti e una quindicina di perquisizioni che venerdì 14 gennaio hanno coinvolto circa 150 agenti tra poliziotti in servizio sulle «volanti» e negli uffici: di tali perquisizioni è stata denunciata una presunta «brutalità» nei modi. In tutto sembra che siano 230 gli agenti coinvolti nell’operazione. Difficile calcolare il costo complessivo del Ruby-gate. Moltiplicando però il numero di intercettazioni per il loro costo medio orario (12,30 euro) e sommando lo stipendio lordo mensile di un poliziotto (3.200 euro) per il numero di agenti che hanno lavorato alla vicenda negli ultimi mesi, si può ipotizzare una spesa pari ad almeno 1.300.000 euro. E le indagini sono ancora in corso.
Insomma, i tre pm Boccassini, Forno e Sangermano hanno allestito un apparato investigativo vastissimo, adeguato a indagini sulla grande criminalità organizzata (lo Sco, la struttura di punta della Polizia, fu istituito nel 1992 proprio contro mafia, camorra e ‘ndrangheta) ma che appare spropositato per le imputazioni di concussione e sfruttamento della prostituzione minorile. A meno che non si paragoni Berlusconi ai feroci schiavisti che organizzano la tratta di donne dall’Est Europa e dall’Africa.