Silvio Berlusconi non si candiderà come premier alle elezioni del 2013 ma lascerà il suo posto all’attuale guardasigilli Angelino Alfano. La notizia arriva al termine di una giornata cruciale per il presidente del Consiglio, culminata nel voto di Montecitorio che ha sancito il varo della “prescrizione breve”. Ma era stata fatta filtrare prima del pronunciamento parlamentare. È una rivelazione che il Cavaliere ha irritualmente affidato ai giornalisti della stampa estera – spesso accusati di spalleggiare le offensive dei “fogli di sinistra” italiani – ospiti l’altra sera a cena da Berlusconi.
Le prime notizie di agenzia sono state immediatamente smorzate dai collaboratori più stretti e autorevoli del premier. Il portavoce Paolo Bonaiuti e il coordinatore Denis Verdini hanno precisato che si tratta di “ragionamenti”, non di asserzioni definitive, ma non hanno potuto negare che il leader del Pdl abbia detto quelle cose. È l’inizio di un’altalena di dichiarazioni che si annuncia lunga e controversa: bisogna preparare l’elettorato alla transizione, addolcire l’amara pillola per i pretendenti delusi, garantire la compattezza del partito alle spalle del giovane leader del futuro. Insomma, una fase nuova si apre al di là delle smentite di rito.
E così il vaticinio domenicale di Giuliano Ferrara su Berlusconi che lascia (“al massimo potrei ritagliarmi un ruolo da padre nobile”, avrebbe detto ai corrispondenti stranieri) non era una semplice provocazione per calmare le truppe recalcitranti del Pdl. A parte le dichiarazioni di Bonaiuti e Verdini, il silenzio del partito ha accolto l’annuncio berlusconiano. Tacciono ovviamente gli eredi mancati, a partire da Giulio Tremonti, ma anche i “peones” che devono capire le migliori strategie per riposizionarsi. Oggi cominceremo a valutare le reazioni del popolo del centrodestra. Ma alcuni punti si possono comunque fissare.
Berlusconi spegne sul nascere un’eventuale guerra di successione. Vuole essere lui a pilotare la sua uscita di scena. Se ci sarà un congresso, esso servirà soltanto a sancire una decisione già presa dal leader, non a creare dibattito e consenso attorno a una nuova figura. Il Cavaliere si prende due anni per gestire questa difficilissima fase, dagli esiti tutt’altro che garantiti. Il nome del delfino è deciso, era il più accreditato, e questa mossa chiuderà la ridda di ipotesi e manovre. Soprattutto, il premier ha scelto di saltare la generazione dei sessantenni e degli “ex qualcosa” (ex Dc o Psi) per puntare al rinnovamento più radicale.
Superato lo scoglio della riforma giudiziaria che lo metterà al sicuro dai processi, questa nuova svolta garantisce dunque a Berlusconi di continuare a dominare la scena politica. Una campagna elettorale di 24 mesi ci aspetta, il modo scelto dal premier per tirare la volata al suo guardasigilli.