A mezzogiorno un incontro con il presidente Napolitano, a cena un vertice con Bossi e la Lega. Due passaggi-chiave in poche ore, lunedì, per Silvio Berlusconi. Il viatico maggiore, per il governo, sarebbe dovuto arrivare dal secondo appuntamento, un impegno abituale il lunedì sera tra i leader del centrodestra che si ripete settimana dopo settimana, mese dopo mese, ma che ultimamente – per la maggioranza di centrodestra – si rivela più foriero di problemi che di soluzioni.

Berlusconi ha bisogno di certezze dal versante leghista: con tanti fronti aperti, non si sente la necessità di ulteriori fonti di tensione. Eppure Bossi gioca al rialzo con l’alleato. Invece che garantire convergenze, non perde occasione per smarcarsi. Rifiuti a Napoli: il decreto non avrebbe avuto i voti leghisti, resi comunque superflui dal Consiglio di Stato il cui pronunciamento consente al governo di risparmiarsi un intervento d’urgenza.

Inchiesta Papa: negli ultimi giorni Bossi ha continuamente cambiato idea, fino al capolavoro “doroteo” di ieri sera, quando il Carroccio ha deciso di votare per l’arresto del deputato Pdl, ma lasciando libertà di coscienza ai propri parlamentari, pur non chiedendo il voto segreto.

Infine, senza avvertire i colleghi della maggioranza, la Lega per bocca di Calderoli ha sfoderato un nuovo progetto di riforme istituzionali all’insegna di un’impostazione anti-casta che per molti aspetti ricalca i punti già presentati – e a suo tempo bocciati – dal referendum. Il Pdl ha fatto sapere che valuterà il testo, lasciando però intendere che non sprizza entusiasmo per l’alzata d’ingegno padano.

I rovesci delle ultime tornate elettorali hanno colpito duramente la Lega, che ancora non appare aver imboccato una linea d’uscita dalla crisi. La stella di Giulio Tremonti, la “quinta colonna” nelle segrete stanze del potere berlusconiano, non brilla più. La base è sempre più insofferente. Il federalismo fiscale non decolla. Il dopo-Berlusconi si avvicina. Ed ecco la necessità, per la Lega, di sparigliare le carte e avventurarsi su nuovi territori di conquista.

Ma le incertezze di Bossi – l’altalena sull’autorizzazione all’arresto di Alfonso Papa è l’ultima di una serie – denotano che anche la lotta tra i colonnelli padani è lungi dal concludersi e complica assai più del prevedibile le strategie del Carroccio. Ora la Lega parla meno di federalismo preferendo cavalcare i sentimenti dell’antipolitica: strategia comprensibile per un partito piccolo e di protesta, ma profondamente contraddittoria per un’asse portante del governo in carica. Un ulteriore ostacolo sul cammino sempre più accidentato dell’esecutivo Berlusconi.