“Ieri il capo del governo Napolitano e il capo dell’opposizione Napolitano sono stati ricevuti dal capo dello stato Napolitano”. La felice frecciata scoccata una decina di giorni fa dalla Jena della Stampa non perde d’attualità. Con i suoi interventi, il presidente della Repubblica è diventato il vero primattore della scena politica. Ieri il capo dello stato Napolitano ha tirato le orecchie al capo del governo per un’iniziativa dalla quale Berlusconi voleva – giustamente – tenersi alla larga: il trasferimento (presunto) di talune sedi ministeriali al Nord.
Il Colle ha diramato un comunicato stringatissimo: “Il Presidente della Repubblica ha inviato al Presidente del Consiglio una lettera contenente rilievi e motivi di preoccupazione sul tema, oggetto di ampio dibattito, del decentramento delle sedi dei Ministeri sul territorio”. Che cosa è scritto nella lettera? Quali sono tali rilievi? Che cosa preoccupa il Quirinale? Davvero una stanza del Palazzo reale di Monza condivisa dai portaborse di Bossi, Calderoli e Brambilla minaccia l’unità nazionale? Né mittente né destinatario hanno fornito risposte. Ma è bastato semplicemente che i portavoce di Napolitano diffondessero il monito perché si scatenasse l’ennesima tempesta in capo al premier.
La cosa più inquietante di questa vicenda è che un partito – la Lega Nord – intenzionato a rivoltare l’assetto istituzionale del Paese introducendo il federalismo (sia pure limitato all’aspetto fiscale) si sia ridotto a legare le proprie sorti all’apertura di un paio di sedi periferiche di ministeri senza portafoglio: Riforme, Turismo, Semplificazione legislativa. Sono queste le riforme epocali della Lega? Bossi e Calderoli sono davvero convinti che questo è il sistema sicuro per riconquistare i voti perduti alle amministrative di primavera? Ormai sembra chiaro che il federalismo resta un grande obiettivo del Carroccio, al quale però gli uomini di Bossi attribuiscono scarsissimo peso politico ed elettorale. Forse addirittura lo considerano un boomerang.
Gli effetti positivi sui conti di stato e regioni si vedranno fra parecchio tempo, mentre l’effetto immediato, già previsto nella manovra Tremonti, è un aumento delle tasse locali al Sud. Così l’esercito padano ripiega su una questione di peso assai minore, le sedi dei ministeri lontane da Roma ladrona. Su cui è scesa la mannaia quirinalizia.
Il monito di Napolitano potrebbe rappresentare addirittura un assist a Berlusconi, una mossa che disarma il Carroccio e ne ridimensiona le pretese in un frangente in cui l’alleato finora più affidabile del Cavaliere mostra intemperanze fuori controllo. Allo stesso tempo, il Quirinale non prende di mira l’intero partito padano, ma soltanto la frangia più legata alle bandiere identitarie, quella della coppia Bossi-Calderoli. Nella Lega, sull’argomento ministeri, è infatti molto significativo il silenzio di Roberto Maroni. Il titolare del Viminale non ha mai sposato la linea del decentramento, ha elegantemente aggirato la questione trincerandosi dietro la presenza dei prefetti in ogni provincia e ha preferito cavalcare temi meno folcloristici: la manovra di Tremonti, i referendum, la casta, il dopo-Berlusconi. E la lettera di Napolitano potrebbe rappresentare un viatico anche per lui.