Pierferdinando Casini ha giocato un brutto scherzo a Gianfranco Fini. I due politici bolognesi, accomunati dal destino di essere stati delfini di Silvio Berlusconi e ora appaiati alla guida del Terzo polo (con Francesco Rutelli), giocano sullo stesso terreno che si disputano palmo a palmo.
Ieri Fini ha chiuso a Mirabello la trentesima Festa tricolore, la seconda dell’era «post-Pdl», e la sua proposta politica, il nocciolo del suo intervento, era stato anticipato di 24 ore da Casini. Svolta politica, nuovo governo, nuovo premier, con il Terzo polo pronto ad assumersi la sua «quota di responsabilità» senza togliere al Pdl l’onere di guidare un esecutivo «non tecnico» nell’ambito di un «patto di fine legislatura».

«Bruciato» da Casini, il comizio di Fini ha perso qualsiasi spunto di novità. Non è una notizia il fatto che il Fli voglia cacciare Berlusconi, né le critiche al premier, ai suoi comportamenti, all’«uso personalistico e di parte delle istituzioni», all’incapacità di guidare il Paese in questa difficile fase dell’economia mondiale. Non c’è nulla di nuovo nella sua contrapposizione all’egemonia leghista. E stranamente, manca ogni prospettiva programmatica. Quale legge elettorale? Quale tipo di manovra economica (a parte le proposte di patrimoniale e supertassa sui ricchi)? Quale coalizione dovrebbe sostenere il governo di salvezza nazionale? Mistero.

Fini dice di non essere pentito di aver creato il Fli. «Rifarei tutto», ha detto ieri dal palco di Mirabello. Eppure la nascita di Futuro e libertà confina l’ex ministro degli Esteri nel ruolo di perenne comparsa. Il Fli non ha mai spiccato il volo, è privo di una sua originalità politica che non sia quell’anti-berlusconismo che costituisce la cifra di tutta quanta l’opposizione. Non c’è da stupirsi che ieri ci fosse meno gente dell’anno scorso. Da Bologna, per fare un esempio, il Fli aveva programmato di riempire quattro pullman per Mirabello ma ne è partito uno solo, con 15 passeggeri a bordo.

Il comizio era stato preceduto da un tam tam che non escludeva le dimissioni di Fini dalla presidenza della Camera. Un sondaggio condotto a Mirabello dall’Officina delle Idee, associazione non certo ostile al Fli, ha rivelato che nove militanti su dieci vorrebbero un impegno maggiore del loro leader nel partito, a costo di dare le dimissioni. Fini ha detto che non lascerà Montecitorio e ha preso parecchi fischi. I primi a volere le mani libere sono i militanti, il primo a proclamare le mani libere dal palco è lo stesso Fini, e lui è sempre il primo a predicare bene e razzolare male. Tra gli stand, ha rifiutato di firmare i referendum per abrogare la legge elettorale, mentre durante il comizio aveva ordinato la mobilitazione generale proprio nella raccolta delle firme.

Il Fli rimane un movimento pieno di ambiguità irrisolte, e il suo leader appare deciso a non voler sciogliere questi nodi.