Si avvicina la campagna elettorale per le amministrative di primavera e si riaccendono i toni barricaderi tra i partiti. Chi ne fa le spese è il rapporto tra Lega e Pdl, fino a due mesi fa asse d’acciaio su cui poggiava il governo Berlusconi ora declassato a suppellettile d’antiquariato. Il terreno di scontro è ancora quello della giustizia e il protagonista dello strappo è sempre Roberto Maroni.

Il nuovo «casus belli» è l’autorizzazione all’arresto dell’ex sottosegretario Nicola Cosentino, coordinatore del Pdl in Campania. Dopo che il Tribunale del riesame ha confermato la validità dell’ordinanza di custodia cautelare, oggi la Giunta per le autorizzazioni della Camera deve esprimere il parere di legge. E l’ex ministro dell’Interno ha annunciato che i rappresentanti leghisti si uniranno a Udc e Pd in un parere favorevole.

La decisione definitiva sarà presa giovedì dall’aula di Montecitorio. Quello di Maroni è dunque un guanto di sfida, non una dichiarazione ufficiale di guerra che però potrebbe arrivare a giorni.
La posizione del Carroccio sulle manette ai parlamentari (ex) alleati è ondivaga. No all’arresto di Marco Milanese («La Lega è un alleato leale» disse Bossi). Astensione per Alfonso Papa, con il solito Maroni che spingeva per il carcere a differenza del duo Reguzzoni-Bossi. Sì all’arresto del senatore Alberto Tedesco, ex Pd.

Nella Lega si fronteggiano due posizioni. Bossi non vuole rompere con il Pdl mentre Maroni è più sensibile alle richieste delle frange più intransigenti del partito che in tema di giustizia non vogliono compromessi. È una contraddizione che il Carroccio non ha sciolto, nonostante il formale ossequio di allineamento sulle posizioni del Senatùr. Uno schierarsi che però è sempre meno compatto: lo testimonia il nervosismo di Maroni per il «tesoretto» investito in Tanzania dai fedelissimi del Senatùr, tensione che riflette lo sconcerto di larghe fasce di militanti.

Ma la Lega non ha sciolto nemmeno il nodo dell’alleanza con il partito di Berlusconi, un’intesa finita a Roma, ma non nelle periferie. Regioni, province e comuni sono tuttora governate da giunte Pdl-Lega e nessuno si sogna di metterle in discussione.

Ma in primavera si vota in varie città: Genova, Cagliari, Verona, Parma, Ancona, L’Aquila. Realtà dove il Carroccio e il Pdl potranno verificare per la prima volta l’efficacia delle rispettive posizioni nella nuova fase politica.

Il primo è ritornato a un’opposizione dura e pura, intransigente, spesso eccessiva nei toni, mentre Berlusconi oscilla in un appoggio poco convinto al governo Monti. La Lega cavalca l’ondata di antipolitica assieme a realtà come i seguaci di Grillo e Di Pietro, mentre il Pdl non rinuncia a fare valere il peso e il valore dei partiti nella stagione dei tecnici.