Roberto Maroni è il primo candidato ufficiale alla poltrona oggi occupata da Roberto Formigoni. Lunedì il consiglio federale del Carroccio lo ha indicato come numero uno della Lega Nord. E lo ha fatto all’unanimità, come si usa dalle parti della Bulgaria. L’ex ministro dell’Interno correrà e non si farà rallentare da ostacoli, casuali o voluti.

Dopo la manifestazione di domenica a Bologna, dove Bobo si era detto pronto ad assumere il mandato ma docilmente sottomesso al volere del parlamentino in camicia verde, la Lega ha deciso di ricominciare a esibire i muscoli proprio verso il Pdl. E così andrebbe interpretato, secondo alcuni esponenti del partito berlusconiano, anche lo sgambetto orchestrato ieri dal Carroccio alla nuova disciplina della diffamazione, quella che dovrebbe evitare il carcere al direttore del Giornale.

Il partito di Maroni ha chiesto e ottenuto – con l’appoggio dei senatori di Fini e Rutelli – il voto segreto a Palazzo Madama su un emendamento che reintroduce il carcere come pena per il reato a mezzo stampa, sia pure in misura ridotta rispetto alla pena oggi in vigore (massimo un anno contro l’attuale tetto di sei anni). «Un emendamento-provocazione», ha detto Maroni. Intanto il disegno di legge di fatto è affossato perché non eviterebbe l’arresto di Alessandro Sallusti.

Questa esibizione muscolare da parte della Lega arriva il giorno dopo l’investitura alla carica di governatore della Lombardia. E giunge, stando almeno a indiscrezioni che provengono da persone vicine al fondatore del Pdl, proprio mentre Silvio Berlusconi si sarebbe sempre più convinto ad appoggiare Maroni per la corsa al dopo-Formigoni. Il Cavaliere, ormai archiviata l’esperienza del Celeste, considera debole la candidatura di Gabriele Albertini, eurodeputato ed ex sindaco di Milano che non avrebbe più quell’«appeal» nell’elettorato di centrodestra e al quale non gioverebbe il «marchio» formigoniano. La Lega, per contro, ha truppe che vogliono correre, combattere, conquistare nuovi terreni, e in cambio di Palazzo Lombardia dovrebbero garantire la riedizione della vecchia alleanza in vista delle elezioni politiche. Una coalizione che, se non cambierà la legge elettorale, è indispensabile perché il centrodestra possa recitare ancora un ruolo anche minimale nel prossimo Parlamento.

Cedere Milano al Carroccio per non sparire da Roma: Berlusconi non ha abbandonato la strategia di cui si parla da tempo, ma che sembrava accantonata dopo la reazione di Formigoni. Tuttavia il voto sul cosiddetto «ddl Sallusti» riporta d’attualità gli interrogativi sull’affidabilità della Lega, che già ha fatto saltare un precedente accordo proprio sulla poltrona formigoniana.

Non sembra però che oggi sia in discussione l’affidabilità dei padani: è invece in corso un braccio di ferro in cui Maroni non vuole regalare nulla al Pdl. Il Popolo delle libertà è ancora impelagato nella regolamentazione delle primarie: ora si parla di una campagna che si chiuderà addirittura a gennaio. Il segretario Alfano scommette tutta la sua credibilità sul sistema di selezione del candidato premier, mentre Berlusconi continua a non nascondere le perplessità.

La Lega cerca di recuperare una sua collocazione nello scacchiere nazionale anche con la mossa di Roberto Calderoli di intervenire nel dibattito sulla nuova legge elettorale proponendo un nuovo «lodo» sul premio (o premietto, o «tombolino») di maggioranza. Mentre dunque il Pdl traccheggia incerto sul proprio futuro, la Lega esibisce sfrontatezza, capacità di sfida, proposte di mediazione. Un rinnovato protagonismo politico. In modo che, se si andrà a trattative con Alfano (o Berlusconi), Maroni sia il più agguerrito possibile.