È più snervante l’attesa nel centrosinistra per il risultato del ballottaggio delle primarie, o quella del centrodestra che brama di conoscere le intenzioni vere e definitive di Silvio Berlusconi? Paradossalmente lo psicodramma più acceso si consuma dalle parti del partito che in Parlamento è ancora il più rappresentato ma appare come il più malconcio. Secondo un’agenda di cui si è perso il conto dei cambiamenti, oggi doveva essere il giorno in cui l’ex premier avrebbe annunciato la nascita della sua nuova creatura politica. Invece tutto è stato rinviato (sempre che si faccia, ovviamente) alla settimana prossima. Il motivo ufficiale è attendere l’esito delle primarie del centrosinistra: c’è ancora una possibilità che Renzi possa scombinare le carte e tutto tornerebbe in gioco. Tuttavia esistono anche parecchi motivi «ufficiosi» che suggeriscono a Berlusconi un supplemento di riflessione.

L’immagine del Pdl di Alfano non è smagliante, ma quella della eventuale lista Berlusconi non sta messa molto meglio, secondo i sondaggi. Sul Cavaliere si concentra inoltre il pressing di vari ambienti che insistono per non frammentare la rappresentanza del centrodestra e dei moderati. Pressioni che vanno da ambienti vicini alla Cei al mondo produttivo, preoccupato che un’economia in crisi venga guidata dai nuovi Visco. A ciò si aggiungono le condizioni delle aziende di famiglia, che secondo i figli e il fidato Fedele Confalonieri richiederebbero un passo indietro di Berlusconi. Sulla ritrovata prudenza del Cavaliere pesa parecchio anche la fermezza di Alfano. Accusato mesi fa di non possedere il «quid», il segretario pidiellino sta costringendo il leader a rivedere il suo sprezzante giudizio.

Un esempio su tutti: l’insistenza di Alfano sulle odiate primarie. L’ultimo avvertimento riguarda la stessa leadership in caso di scissione: se Berlusconi esce dal Pdl, non è scontato che resti lui il candidato premier o che ciò che resta del partito si accodi silenziosamente alla sua nuova formazione. Berlusconi è convinto di trovarsi di fronte gente ingrata e sprovveduta, personaggi di apparato che non perde occasione di bollare come vecchi arnesi della politica attaccati alla poltrona, mentre lui si circonda di gente nuova come la Santanché. Dall’altra parte, Alfano deve pilotare il centrodestra verso un futuro in cui Berlusconi occupi una posizione più defilata.

Tra i due è in atto anche un confronto di linee politiche. Berlusconi è convinto che si debba recuperare il rapporto con la Lega Nord, essenziale soprattutto se si voterà con l’attuale legge elettorale che premia le coalizioni, e lo strumento per riallacciare il filo con il Carroccio è il dopo-Formigoni in Lombardia. Viceversa Alfano persegue il progetto di riunire i moderati sul modello del Ppe, stringendo accordi con l’Udc e le nuove formazioni centriste come quella di Montezemolo (uscita dal secondo forum delle associazioni cattoliche a Todi) e di Giannino. Come sempre accade, le strategie politiche si mescolano alle vecchie incomprensioni e ai risentimenti del passato.

 

Berlusconi accusa Casini di non aver mantenuto la parola quando disse che si sarebbe nuovamente alleato con il Pdl se il Cavaliere fosse uscito di scena; Casini replica che non si fida delle altalenanti dichiarazioni dell’ex premier. E non è detto che non si finisca proprio con questa nuova geografia, Berlusconi-Maroni e Alfano-Casini: una scomposizione del centrodestra che ne probabilmente ne sancirebbe l’irrilevanza proprio mentre una serie di elementi (le politiche della gauche francese, la gestione delle primarie, l’avvicinamento tra Bersani e il massimalismo di Vendola, le collusioni sul caso Ilva) dimostrano che il centrosinistra non è certo una gioiosa macchina da guerra che si prepara a fare man bassa di voti.