Il botta e risposta è stato aspro. Nella conferenza stampa di fine anno Mario Monti ha attaccato apertamente Silvio Berlusconi, le sue azioni di governo e le recenti dichiarazioni ondivaghe sulla scelta elettorale. Al Professore il Cavaliere non piace, lo considera «una persona di valore» da cui ci si può aspettare di tutto. Anche che appoggi le politiche di rigore, poi faccia togliere la fiducia al governo, quindi offra al deposto premier la leadership dei moderati salvo infine combatterlo. Trattamento di tutt’altro riguardo Monti ha invece riservato a Pierluigi Bersani, favorito alle elezioni, definito «candidato credibile» anche se appoggiato da forze politiche e sindacali (i vendoliani e la Cgil) che il presidente del Consiglio dimissionario non digerisce al pari di Berlusconi.
La reazione del Pdl è stata veemente, e quella di Berlusconi addirittura eccessiva. Nella quotidiana intervista televisiva, nel pomeriggio domenicale di Raiuno, il Cavaliere ha bollato un nuovo governo Monti come «un incubo» del quale faceva parte anche Gianfranco Fini come «ministro delle fogne». Se il livello è già scaduto così a terra – anzi sottoterra – a due mesi dal voto, significa che Berlusconi è in grave difficoltà. Con toni meno scomposti, ma con altrettanta decisione, anche i colonnelli di Berlusconi si sono scagliati contro Monti. Non che l’agenda del premier dimissionario non sia criticabile in molti punti: ma il testo completo del manifesto di Monti è uscito soltanto a tarda sera mentre le reazioni del centrodestra sono scattate immediatamente.
Non è appena lo scatto di nervi di chi è stato punto sul vivo dalla svolta di un personaggio che aveva fatto della terzietà la sua cifra, e ora sta attraversando una metamorfosi da tecnico a politico schierato. Probabilmente c’è dell’altro. C’è che il Pdl, fallito il tentativo (o presunto tale) di «federare i moderati», ora sente la concorrenza di Monti. È vero che i numeri dei centristi sono ancora bassi, ma nemmeno quelli del Pdl brillano. È altrettanto vero che Monti si conferma piuttosto antipatico, altezzoso e inadatto a indossare i panni del comiziante in campagna elettorale.
Tuttavia alcuni slogan cominciano a fare breccia tra gli elettori. «Non buttare al vento i sacrifici fatti» è un tema efficace al quale una parte dell’elettorato berlusconiano potrebbe essere sensibile. Monti ha il coraggio di dire che non abolirà l’Imu e che metterà una tassa sui grandi patrimoni e i beni di lusso per abbassare i gravami su impresa e lavoro, quindi sugli stipendi. Che riformerà la legge elettorale e taglierà drasticamente i fondi per la politica: questo è un tema molto popolare sul quale nessuno ha preso posizioni così nette.
I centristi viaggiano tra il 15 e il 20 per cento, ma Berlusconi non è tanto lontano e nei prossimi giorni potrebbe perdere qualche pezzo. Al Cavaliere resta una sola speranza: ancorare a sé il consenso leghista. Un’operazione dall’esito tutt’altro che scontato, perché i militanti in camicia verde non vogliono saperne di votare di nuovo il Caimano. Per il Pdl, il nemico dunque è proprio quel Monti capo dei moderati per il quale soltanto dieci giorni fa Berlusconi era disposto a fare un passo indietro. L’avversario più temibile diventano i centristi se i temi della credibilità europea e del rigore riformista prevarranno sulle spinte populiste (taglio dell’Imu e via dicendo).
Oramai è chiaro che tutto si gioca al Senato: Bersani riuscirà ad avere una maggioranza, oppure dovrà trattare con qualcuno? E questa seconda forza saranno i moderati o il Pdl? La partita è apertissima.