Angelino Alfano lo «sconsigliere». «Come profilassi nei confronti del governo sconsiglio a tutti di candidare Monti», ha detto ieri sera il segretario del Pdl alla trasmissione di Fabio Fazio mentre ancora, in varie città tra cui Milano, non erano ancora chiuse le urne dei congressi locali da cui uscirà la nuova nomenclatura del partito berlusconiano. Un’intervista strana, quella a Rai 3. Alfano non è apparso in difficoltà, ma le domande erano quasi tutte a senso unico, cioè sul nome del prossimo candidato premier del centrodestra.
Angelino è stato al gioco. Tuttavia al voto politico manca più di un anno. E quello che oggi si vorrebbe sapere dal segretario del maggior partito presente in Parlamento è altro: la linea politica. O meglio, la politica «tout court», e in particolare l’asse con il Pd. Sul futuro di questa coalizione «salva-Italia» Fazio non ha premuto l’acceleratore e Alfano non ha dovuto frenare. Ma al segretario pidiellino non è dispiaciuto tenersi alla larga dalla questione. Vediamo perché.
L’accordo Pd-Pdl è stato esplicitamente lanciato da Silvio Berlusconi attraverso le pagine del Giornale e di Libero. Il Cavaliere sembra abbia imboccato con decisione la via dell’«annessione» di Mario Monti. L’ex premier non manca mai di ricordare che l’attuale governo agisce in continuità con il precedente. Le misure liberalizzatrici che stanno prendendo forma le avrebbe fatte anche lui, Silvio, se gli alleati (Fini e Lega) lo avessero lasciato lavorare. La situazione d’emergenza è tale che richiede un ulteriore scatto di responsabilità da parte dei maggiori partiti che sostengono il governo.
Con queste premesse, Berlusconi prova a verificare con il Pd se è possibile una convergenza più politica rispetto all’alleanza «tecnica» attuale, e il terreno di questo confronto è la legge elettorale. Un campo minato. Se davvero il Pd e il Pdl riusciranno a trovare un’intesa (l’ipotesi più accreditata è un proporzionale con uno sbarramento più elevato dell’attuale e il ripristino di almeno una quota di preferenze), non è da escludere un prolungamento di questo assetto d’emergenza anche nella prossima legislatura.
Oggi il governo, nella trattativa sulle riforme del lavoro, mette in maggiore difficoltà il Pd rispetto al Pdl: dunque Berlusconi ha buon gioco a fare intendere di voler prolungare la collaborazione.
La vera incognita è un’altra e riguarda gli elettori del Pdl. Come accoglieranno un possibile accordo con il partito erede del comunismo che il Cavaliere ha combattuto come belzebù? Se davvero Berlusconi punta a far fuori la Lega (anche elettoralmente, con una riforma che premia i partiti maggiori) e riproporre la coalizione alla tedesca, deve preparare i suoi sostenitori a una svolta epocale. L’opera di convincimento ricadrà principalmente sull’uomo-macchina del partito. Cioè su Angelino Alfano.
Discutere di candidature alla premiership è un buon diversivo che consente al segretario di prendere tempo, evitando di schierarsi sul nodo più problematico da sciogliere. All’alzata di fumo ha contribuito anche un’intervista di Roberto Formigoni che non esclude una candidatura Passera. Il Pdl è insorto a una sola voce: «Il nostro candidato è Alfano». L’interessato ha precisato che il nome per Palazzo Chigi verrà scelto attraverso le primarie e che lui non ha ancora deciso se scendere in campo. Insomma, questo bel polemicone è capitato al momento buono per evitare di prendere posizione sull’ultima sfida lanciata da Berlusconi.